Circolazione di opere d’arte non autentiche e rimedi civilistici

Giorgia Vulpiani

Ricercatrice di diritto privato dell’Università degli Studi di Macerata. Ph.D.

La questione della circolazione delle opere non autentiche solleva diverse problematiche in ambito civilistico. Oggetto di discussione sono in modo particolare i rimedi civilistici esperibili dal soggetto a cui sia stato venduto un falso o  che abbia venduto un’opera attribuendole valore inferiore. 

The issue of the circulation of non-authentic works raises several issues in civil law. Particularly discussed are the civil law remedies available to the person who has been sold a forgery or who has sold a work by attributing less value to it.

Sommario: 1. Introduzione. – 2. Vendita di opera falsa e risoluzione del contratto: mancanza di qualità o aliud pro alio? – 3. Vendita di opera falsa, annullabilità del contratto per errore o dolo e presupposizione. – 4. Rimedi in caso di opera venduta a prezzo inferiore rispetto al reale valore. – 5. Circolazione di opere d’arte non autentiche e nuove tecnologie.

 

1. La questione dei rimedi in tema di circolazione di opere d’arte non autentiche o alle quali si è attribuito valore erroneo è oggetto di ampio dibattito in dottrina e giurisprudenza[1]

È opportuno innanzitutto un inquadramento normativo. 

In tema vengono, infatti, in rilievo, oltre agli articoli del codice civile in materia di contratto di vendita (1470 ss. c.c.) e alle norme a tutela del consumatore (contenute nel d.lgs. 206/2005), anche le disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 42/2004, di seguito c.b.c.). 

In particolare, all’art. 64 c.b.c. si prevede che «chiunque eserciti l’attività di vendita al pubblico, di esposizione ai fini di commercio o di intermediazione finalizzata alla vendita di opere di pittura, scultura, grafica ovvero di oggetti d’antichità o di interesse storico o archeologico, o comunque abitualmente vendono le opere o gli oggetti medesimi, ha l’obbligo di consegnare all’acquirente la documentazione che ne attesti l’autenticità o almeno la probabile attribuzione e la provenienza» ovvero, in mancanza, l’obbligo di rilasciare «una dichiarazione recante tutte le informazioni disponibili sull’autenticità o la probabile attribuzione e la provenienza delle opere medesime». 

Si prevede, poi, che tale dichiarazione, ove possibile, sia apposta su copia fotografica degli stessi. L’attestato rilasciato dal commerciante può anche essere realizzato da un soggetto terzo rispetto al venditore, generalmente uno storico dell’arte o un esperto del settore. 

Un primo interrogativo riguarda le conseguenze del mancato rilascio del certificato di autenticità da parte del soggetto obbligato. 

In proposito, parte della dottrina ritiene che occorra far riferimento a quanto previsto dall’art. 164 c.b.c. che sanziona con la nullità le alienazioni, le convenzioni e gli atti giuridici in genere, compiuti contro i divieti stabiliti dalle disposizioni del Titolo I della Parte seconda, o senza l’osservanza delle condizioni e modalità da esse prescritte[2]

Una diversa tesi ritiene, invece, che la sanzione debba essere ricercata nei rimedi generali del diritto civile e, quindi, nella disciplina dell’inadempimento, con conseguente possibilità di richiedere la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno[3]

Altro interrogativo è: cosa accade se dopo la conclusione del contratto si scopre che l’opera d’arte non possiede le qualità (paternità, autenticità) che il venditore ha assicurato e che erano date per certe dalle parti? 

Diversi sono gli esempi che possono porsi: a) un’opera viene venduta come opera di autore famoso e poi si scopre che è di soggetto meno noto; b) l’opera è un falso; c) l’opera è un falso ma è stata riconosciuta come autentica da expertise; d) l’opera è creduta di importanza secondaria, ma poi si scopre che è stata realizzata da un autore famoso (con conseguente aumento del valore commerciale); e) l’acquirente riconosce l’opera come di pregio, ma il venditore non è stato in grado di riconoscerlo e ha pertanto accettato di cederla a poco prezzo. 

In caso di vendita di opera d’arte falsa, sono stati prospettati diversi rimedi: vizi della cosa, risoluzione, annullamento, cui si aggiungono i rimedi offerti dal codice del consumo (in caso in cui l’acquirente sia un consumatore e il venditore un professionista)[4] e dalla convenzione di Vienna (in caso di vendita internazionale)[5]. Si distingue peraltro tra fattispecie in cui manchi la garanzia dell’autenticità, dovendosi in questo caso agire per l’annullamento del contratto per errore, e fattispecie in cui la garanzia sia stata prestata, dovendosi in questo caso agire per la risoluzione per aliud pro alio, eventualmente in concorso con l’annullamento per dolo[6].

L’ipotesi dell’azione di garanzia per vizi della cosa venduta di cui all’art. 1490 c.c. è disattesa dalla giurisprudenza[7], con particolare riferimento agli stretti termini di cui all’art. 1495 c.c. Il compratore decade, infatti, dal diritto alla garanzia, se non denunzia i vizi al venditore entro otto giorni dalla scoperta[8], salvo il diverso termine stabilito dalle parti o dalla legge; denunzia che non è necessaria se il venditore ha riconosciuto l’esistenza del vizio o l’ha occultato. In ogni caso, l’azione si prescrive in un anno dalla consegna. 

I rimedi su cui si concentra l’attenzione della dottrina e della giurisprudenza sono principalmente la risoluzione del contratto e l’annullamento per errore o dolo. A tal riguardo, si è affermata la necessità di distinguere tra fattispecie in cui manchi la garanzia dell’autenticità e ipotesi in cui questa sia stata prestata: nel primo caso occorre agire per l’annullamento per errore, mentre nel secondo per la risoluzione, eventualmente in concorso con l’annullamento per dolo[9].

 2. L’orientamento prevalente ritiene che il rimedio più adeguato, in caso di vendita di opera falsa, sia la risoluzione del contratto. Il compratore avrebbe, dunque, diritto alla restituzione del prezzo e al risarcimento del danno, che consiste nella perdita di chance di realizzo di una cospicua plusvalenza che l’opera avrebbe conseguito nel tempo se fosse stata autentica[10]

Nell’ambito di tale tesi ci si è chiesti se la consegna di quadro falso fosse qualificabile come consegna di un bene privo di una qualità promessa[11], ovvero l’autenticità del quadro, ex art. 1497 c.c. oppure di una consegna di bene diverso da quello venduto[12], ricadendo dunque nell’ipotesi di vendita di aliud pro alio ai sensi dell’art. 1453 c.c. 

La qualificazione in un senso piuttosto che in un altro rileva sotto diversi punti di vista. L’art. 1497 c.c. prevede, infatti, che quando la cosa venduta non ha le qualità promesse ovvero quelle essenziali per l’uso a cui è destinata, il compratore abbia diritto di ottenere la risoluzione del contratto, purché il difetto di qualità ecceda i limiti di tolleranza stabiliti dagli usi. Tale diritto è però soggetto alla decadenza e alla prescrizione di cui all’art. 1495, ovvero un anno. Nel caso della risoluzione del contratto per vendita di aliud pro alio la prescrizione è, invece, decennale. 

La giurisprudenza maggioritaria si pone nel senso della risoluzione per aliud pro alio[13]; rimedio cui si è fatto riferimento sia nel caso in cui il venditore garantisca espressamente l’autenticità dell’opera, come nel noto caso Carracci[14], sia nel caso di opera autentica ma rimaneggiata in modo tale da non essere più corrispondente all’originale[15]. Quanto agli oneri probatori in caso di azione di risoluzione per vendita di quadro falso, la giurisprudenza ha precisato che il venditore deve dimostrare di aver consegnato un’opera d’arte autentica[16] e l’acquirente deve provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte. L’unico onere gravante sull’acquirente è, dunque, quello di dimostrare che il bene trasferitogli sia di un genere diverso da quello pattuito e, quindi, che sia funzionalmente inidoneo ad assolvere la destinazione economica che sarebbe stata assolta, viceversa, dal bene autentico. Sul venditore grava, invece, l’onere di provare di avere correttamente adempiuto, superando la presunzione di colpevolezza attraverso la prova della non imputabilità, ovvero del non essere stato in grado di rilevare la “falsità” dell’opera perché in buona fede. Il venditore può però liberarsi dall’obbligo di risarcire il danno dimostrando di avere ignorato, senza colpa, la falsità dell’opera al tempo della vendita[17]. In giurisprudenza si è, inoltre, affermato che il compratore ha diritto al risarcimento di un danno commisurato al suo interesse positivo e che, nel caso in cui il valore dell’opera sia aumentato nel corso del tempo, il risarcimento deve essere commisurato al valore che l’opera originale avrebbe avuto al momento del giudizio[18].

Stabilita la percorribilità del rimedio dell’aliud pro alio, un’altra questione su cui si è soffermata la giurisprudenza riguarda la decorrenza della prescrizione per tale azione. È noto come, in generale, l’art. 2935 c.c. si limiti a far decorrere la prescrizione dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere. In tema di aliud pro alio non c’è però una norma che si occupi del dies a quo della prescrizione. Secondo un orientamento, essa inizia a decorrere dalla scoperta della non autenticità dell’opera, perché è da quel momento il compratore ha conoscenza del fatto di aver subito un danno[19]. A tal riguardo si è osservato in dottrina che tale soluzione espone il venditore a rischi ingiustificati esonerando il compratore da oneri di verifica e controllo, pur trovandosi quest’ultimo nelle condizioni migliori per assolverli[20]

La tesi prevalente fa decorrere la prescrizione dal momento della consegna, che segna il momento in cui si verifica l’inadempimento, senza che rilevi la circostanza che l’acquirente non fosse a conoscenza della non autenticità[21]. Tale soluzione impone, dunque, al compratore l’onere di procedere, all’indomani dell’acquisto, alla verifica dell’autenticità dell’opera[22]. Se infatti il dies a quo decorre dalla consegna, il soggetto, entro i dieci anni, dovrebbe attivarsi per procedere alla verifica dell’autenticità dell’opera; mettendo, peraltro, in dubbio il parere dell’esperto nel caso della consegna del certificato di autentica da parte del gallerista. Si potrebbe ipotizzare il caso in cui un soggetto si accorga della falsità dell’opera più di dieci anni dopo, trovandosi sprovvisto di tutela. Allora si potrebbe pensare ad un cumulo dei rimedi: e cioè, ove non sia più possibile proporre l’azione di risoluzione, perché sono decorsi i dieci anni, proporre anche l’azione di annullamento per vizio del consenso, la cui prescrizione inizia a decorrere dalla scoperta del vizio. Aliud pro alio e annullamento per errore sembrano essere i rimedi più idonei anche nel caso in cui l’opera sia stata riconosciuta autentica da una perizia operata da un esperto storico dell’arte, che poi si scopra errata. Anche in questo caso l’opera viene acquistata sull’assunto che si tratti del lavoro di un determinato artista. 

3. La giurisprudenza si è orientata, in alcuni casi, nel senso del rimedio dell’annullabilità del contratto per vizi del consenso di cui agli artt. 1427 ss. c.c. ed, in particolare, l’annullabilità per dolo (art. 1439 c.c.) o per errore sull’identità dell’oggetto della prestazione o su una qualità dello stesso (art. 1429, n. 2, c.c.) [23], ove non sia stata espressamente garantita l’autenticità dell’opera. 

La presenza di un errore sull’autenticità dell’opera oggetto di compravendita e/o sull’identità dell’autore può comportare l’annullamento del contratto, ove l’errore sia essenziale e riconoscibile. In proposito, si è precisato come la riconoscibilità dell’errore vada verificata alla luce delle conoscenze tecniche al momento della conclusione del contratto, mentre le conoscenze acquisite successivamente non inciderebbero sulla validità del contratto, né giustificherebbero l’esercizio dell’azione per garanzia dei vizi, salva la presenza di clausole contrattuali di segno contrario[24].

Secondo parte della dottrina, un ulteriore rimedio a disposizione del contraente che intenda liberarsi dal contratto è offerto dalla presupposizione[25], che, operando come condizione tacita del contratto, ne consentirebbe la caducazione ove la circostanza comune a entrambe le parti, e determinante il consenso, sia venuta meno successivamente alla conclusione del contratto. Ciò, però, al di fuori dei casi di cui all’art. 64 c.b.c. e ove non sia stata prestata documentazione attestante l’autenticità. Più in particolare, si è affermato che, in questo caso, qualora ad agire sia l’acquirente che scopre che l’opera non è dell’artista che riteneva inizialmente autore dell’opera stessa, occorrerà che entrambi i contraenti avessero dato per certa l’attribuzione a un determinato artista e che a entrambi fosse chiaro che il contratto veniva concluso proprio in virtù di tale paternità; paternità considerata, seppur tacitamente, come condizione fondamentale[26].

4. L’azione di annullamento per errore sarebbe proponibile anche nel caso in cui il venditore si accorga di aver venduto un’opera ad un valore più basso di quello reale[27]. Si pensi al caso delle statue di Jacopo della Quercia, erroneamente ritenute di scarso valore. In quel caso, solo successivamente alla conclusione del contratto il venditore veniva a scoprire che le opere avevano un valore economico superiore e proponeva azione di annullamento del contratto, che veniva rigettata sia dal Tribunale che dalla Corte d’appello di Roma. Quest’ultima rilevava, in particolare, che l’attribuzione delle due opere a Jacopo della Quercia non fosse provata e che, in ogni caso, essa era stata già ipotizzata in epoca antecedente alla conclusione della vendita. I venditori, pertanto, erano astrattamente in grado di conoscere tale circostanza al momento della conclusione del contratto; inoltre, il prezzo pattuito appariva congruo e non esisteva prova dell’errore e della sua rilevanza ai fini della conclusione del negozio. Secondo la Cassazione, invece, non vi era alcuna prova che ai venditori fosse nota la riconducibilità dell’opera a Jacopo della Quercia, anzi dalla lettera del contratto si desumeva che tale attribuzione non fosse mai stata presa in considerazione dai contraenti. Più in particolare, la Suprema Corte ha affermato che, in caso di vendita di opere d’arte, «l’errore di uno, o di entrambi i contraenti sull’autenticità dell’opera negoziata e sull’effettiva identità del relativo autore può, senz’altro, dar luogo, a mente dell’art. 1428 c.c., alla caducazione del contratto, perché comporta che questo debba intendersi concluso per effetto di una falsa rappresentazione dell’identità e delle qualità essenziali del relativo oggetto avuta da una o da tutte e due le parti al momento della stipulazione dell’accordo». Da tale decisione emerge che l’errore può consistere nell’ignoranza e/o falsa conoscenza della realtà di fatto tutte le volte che essa influisce sulla volontà del contraente viziandola ovvero ogni volta che la conoscenza della circostanza ignorata avrebbe potuto orientare la volontà del soggetto in modo difforme da quello che sarebbe avvenuto in mancanza di errore.

L’annullamento per errore può essere chiesto anche nel caso inverso: ossia quadro venduto ad alto prezzo perché ritenuto di artista noto e poi attribuito ad artista minore, se al momento dell’acquisto l’attribuzione dell’opera non era pacifica in base alle conoscenze degli storici dell’arte.

5. Altro caso riguarda la vendita di opera di cui l’alienante non conosce il vero valore, noto però all’acquirente. In particolare, ci si è chiesti se il generale dovere di correttezza e buona fede imponga alla parte più informata di non profittare dell’ignoranza della controparte, oppure se debba prevalere la libertà negoziale e ciascuna delle parti sia tenuta a supportare il rischio del cattivo utilizzo che di tale libertà abbia fatto. 

Parte della dottrina tende ad escludere che si possa ipotizzare una violazione del dovere d’informazione[28]. Si potrebbe dubitare della bontà di una tale conclusione ove il venditore abbia richiesto una valutazione all’esperto e questi abbia svalutato i beni per poi acquistarli ad un prezzo infimo[29]. In tal caso, il venditore potrà agire in giudizio per chiedere l’annullamento, come deciso da una sentenza di merito piuttosto risalente, che ha annullato la vendita ritenendo che l’acquirente avesse approfittato dell’errore della controparte e avesse agito con una malafede tale da rasentare l’inganno[30]. Il confine tra diritto a tacere le proprie conoscenze e obbligo di buona fede può rivelarsi labile all’atto pratico; mentre la dottrina sembra più accondiscendente verso chi tace, imponendo alla parte meno informata di documentarsi prima di concludere il contratto, la giurisprudenza appare più rigorosa nel fare ricorso al principio di buona fede per sanzionare l’acquirente che abbia profittato dell’asimmetria informativa.

6. Il tema della circolazione delle opere d’arte non autentiche assume rilievo anche in considerazione delle espressioni artistiche connesse all’uso delle nuove tecnologie digitali[31]. Si pensi, ad esempio, alla circolazione dei non fungible tokens e alle problematiche connesse all’uso dell’intelligenza artificiale.

Com’è ormai noto, gli nfts sono assets digitali infungibili che utilizzano la tecnologia blockchain[32] e ai quali sono associati degli smart contracts che contengono tutte le informazioni relative all’opera, al suo autore, alle royalties che spettano al creator per ogni vendita e così via. Ciò che dà valore all’nft non è tanto l’immagine digitale, quanto quella sorta di “codice identificativo” unico, registrato in blockchain, ad essa associato. 

Ora, date le caratteristiche della blockchain – che dovrebbe garantire la verificabilità delle informazioni – gli nfts potrebbero superare i “tradizionali” problemi relativi alla certificazione dell’autenticità dell’opera. Ma questo è vero solo se possiamo ritenere affidabili le informazioni iniziali registrate sulla blockchain, perché queste tecnologie si limitano a registrare ciò che viene inserito, non a certificarne la veridicità. 

Pertanto, anche nel caso della circolazione degli nfts dobbiamo riflettere su cosa accadrebbe nel caso di un soggetto che acquisti un’opera di cripto art, ma che in realtà, dopo il pagamento, riceva solo un file jpeg non collegato ad un nft o un nft diverso da quello che intendeva acquistare. Anche in questo caso l’acquirente potrebbe invocare la risoluzione del contratto per vendita di aliud pro alio, oltre al risarcimento del danno. Vengono, tuttavia, in rilievo tutte le problematiche che sono in generale connesse all’uso della blockchain e degli smart contracts. 

Una difficoltà potrebbe risiedere ad esempio nell’identificazione del soggetto alienante, data la pseudonimicità  della blockchain. A quel punto, l’acquirente potrebbe citare in giudizio la piattaforma dove sono stati messi in vendita gli nfts, chiedendo l’identificazione del venditore, come è accaduto nel caso Osbourne v. Unknown v. Opensea deciso dalla Corte Suprema del Regno Unito[33]. Il caso era il seguente: la fondatrice di ‘Women in Blockchain Talks’, Laviniah Deborah Osbourne aveva aperto un account di peer-to-peer nft market operato da OpenSea. Il 17 gennaio 2022 degli sconosciuti le hanno sottratto due nfts della collezione “Boss Beauties NFTs”. Gli nfts in questione erano tracciabili e risultavano trasferiti a due account aperti su OpenSea. Investita della questione, la High Court ha osservato che gli nfts «are property in and of themselves, distinct from the thing they represent (e.g., a digital artwork)» che hanno accesso alla tutela giuridica, in quanto qualificabili come «property capable of being frozen by way of an injunction». I giudici hanno, quindi, concesso un’ingiunzione per «congelare» gli nfts, affermando che obbligando OpenSea a dare informazioni sui soggetti che hanno aperto i due account che hanno sottratto gli nfts. 

Un’altra problematica riguarda la rigidità dello smart contracts e la difficoltà di coniugare tale caratteristica con i classici rimedi civilistici[34]


[1] Sul tema, v. in particolare, G. Frezza, Opera d’arte e diritto all’autenticazione, in Dir. fam. pers., 2011; Id. Arte e diritto fra autenticazione e accertamento, Napoli, 2019; M. Farneti, Quali rimedi contrattuali in caso di vendita di opere d’arte di paternità controversa?, in Nuova giur. civ. comm., 2011, p. 492 ss.; E. Gabrielli, Vendita di opera d’arte, violazione dell’impegno traslativo e nullità del contratto per illiceità del suo oggetto, in Corr. Giur., 2013, p. 464 ss.; A. Donati, Autenticità, Authenticité, Authenticity dell’opera d’arte, in Riv. dir. civ., 2015, p. 987 ss.; B. Mastropietro,Mercato dell’arte e autenticità dell’opera: un quadro a tinte fosche, in Rass. dir. civ., 2017, pp. 581 ss.; M.F. Guardamagna, L’azione di accertamento giudiziale dell’autenticità dell’opera. I recenti sviluppi giurisprudenziali, in Dir. fam. pers., 2018, p. 1588 ss.; Ead., Il “diritto” all’accertamento giudiziale dell’autenticità dell’opera d’arte, in Arte e diritto privato (Teoria generale e problemi operativi), a cura di F. Bosetti, Pisa, 2019, p. 173 ss.; A. Barenghi, Considerazioni sulla tutela dell’opera d’arte nel mercato, in Riv. dir. comm., 2019, pp. 433 ss.; Id., L’attribuzione di opere d’arte. Vero o Falso?, in Corr. giur., 2019, p. 1093 ss.; Id., Deviazioni giurisprudenziali in tema di attribuzione di opere d’arte, in Giur. it., 2023, p. 1287; G. De Cristofaro, La tutela degli acquirenti di opere d’arte contemporanea non autentiche tra codice civile, codice del consumo e codice dei beni culturali, in Riv. dir. priv., 2020, p. 29 ss.; G. Afferni, La tutela del compratore di un’opera d’arte falsa, in Arte e diritto, 2022, p. 279; L. Castelli, Opera d’arte priva di autenticità: rimedi a disposizione dell’acquirente e disciplina della prescrizione, in Contratti, 2022, p. 417; R. Donzelli, Sull’azione di mero accertamento dell’autenticità dell’opera d’arte, in Rass. dir. moda e arti, 2022, p. 31 ss.; G. Magri, Falsa o erronea attribuzione di opera d’arte e rimedi contrattuali, in Rass. dir. moda e arti, 2022, p. 385.

[2] A. Giuffrida, Contributo allo studio della circolazione dei beni culturali in ambito nazionale, Milano 2008, p. 353 ss.; A. Visconti, Contraffazione di opere d’arte e posizione del curatore d’archivioAedon, 2020, p. 70; G. Calabi, La circolazione delle opere d’arte e dei beni culturali nell’ordinamento italiano, in P. Scarioni – P. Angelicci, La tassazione delle opere d’arte, Milano, 2014, p. 37.

[3] R. A. M. Muscio, La prelazione artistica, in E. Follieri, a cura di, Il diritto dei beni culturali e del paesaggio, Napoli, 2005, p. 203; G. De Cristofaro, La vendita di beni mobili qualificabili come opere d’arte: ricostruzione del regime normativo applicabile alla fattispecie, in F. DeCristofaro, R. Calvo, La vendita di opere d’arte, in I contratti del turismo, dello sport e della cultura, a cura di F. Delfini – F. Morandi, in Tratt. Contratti Rescigno-Gabrielli, Torino, 2010, 591 s. e 593 s.; G. Magri, Falsa o erronea attribuzione di opera d’arte e rimedi contrattuali, cit., p. 392.

[4]  G. De Cristofaro, La tutela degli acquirenti di opere d’arte contemporanea non autentiche tra codice civile, codice del consumo e codice dei beni culturali, cit., p. 41 ss.

[5] Parte della dottrina critica la distinzione tra responsabilità per vizi, per difetto di qualità e per consegna di aliud pro alio; in tema, V. Angeloni, Consegna di cose mancanti di qualità pattuite o essenziali e consegna di cose diverse (aliud pro alio), in Riv. trim. dir. proc. civ., 1959, p. 795 ss.

[6] In giur., v. Cass. 21 aprile 1956, n. 1220, in Dir. auto., 1956, p. 363; Cass., 14 ottobre 1960, n. 2737, in Foro it., 1960, I, c. 1914. In dottrina v., A. Barenghi, L’attribuzione di opere d’arte. Vero o Falso?, cit., p. 1100; L. Castelli, Opera d’arte priva di autenticità: rimedi a disposizione dell’acquirente e disciplina della prescrizione, cit., p. 418;

[7] Cass., 26 gennaio 1977, n. 392, in Mass. Giur. it., 1977, p. 95.

[8] Secondo l’orientamento prevalente, tale termine vale per la spedizione e non per il ricevimento della denunzia; v. G. Gorla, La compravendita e la permuta, in Trattato di diritto civile italiano, a cura di F. Vassalli, 1937, p. 176; C.M. Bianca, La vendita e la permuta, in Trattato di diritto civile italiano, a cura di F. Vassalli, Torino, 1972, p. 912.

[9] Cass. 21 aprile 1956, n. 1220, in Dir. auto., 1956, p. 363; Cass., 14 ottobre 1960, n. 2737, in Foro it., 1960, I, c. 1914. A. Barenghi, L’attribuzione di opere d’arte. Vero o Falso?, cit., p. 1100; L. Castelli, Opera d’arte priva di autenticità: rimedi a disposizione dell’acquirente e disciplina della prescrizione, in Contratti, 2022, p. 418.

[10] Cass., 25 gennaio 2018, n. 1889, in Resp. civ. prev., 2018, p. 633.

[11] D. Rubino, La compravendita, in Trattato di diritto civile e commerciale, a cura di A. Cicu e F. Messineo, 2° ed., Milano, 1962, p. 906 ss.

[12] C.M. Bianca, La vendita e la permuta, in Trattato di diritto civile italiano, a cura di F. Vassalli, Torino, 1972, p. 264 ss. In generale, in tema di vendita di aliud pro alio, v. E. Gabrielli, La consegna di cosa diversa, Napoli, 1987, p. 40 ss.

[13] Cass., 14 ottobre 1960, n. 2737, in Foro it.,1960, I, c. 1914, su cui v. F. Carnelutti, Errore o inadempimento?, in Riv. dir. civ., 1961, I, p. 259; Cass., 11 marzo 1974, n. 639, in Giust. civ., 1974, I, p. 866; Cass., 26 gennaio 1977, n. 392, cit.; Cass., 3 luglio 1993, n. 7299, in Giur. it., 1994, I, 1, c. 410; Cass., 16 gennaio 2006 n. 686; Cass., 22 febbraio 2008, n. 4604, in Corr. giur., 2009, p. 74 con nota di O. Fittipaldi, Cessione, fra privati, di dipinto “certificato”, ma inautentico, vendita di aliud pro alio, risoluzione del contratto e fruizione intermedia del bene acquistato; Cass., 09 novembre 2012, n.19509, in Foro it. 2013, 3, I, c. 937 (che esclude che la vendita di quadro falso sia nulla per illiceità dell’oggetto); Cass., 27 novembre 2018, n. 30713.

[14] Cass. 3 luglio 1993, n. 7299, in Giur. it., 1994, I, 1, c. 410 ss. 

[15] Cass. 8 giugno 2011, n. 12527, in Giust. civ., 2012, I, p. 1559 ss.

[16] Cass., 8 febbraio 2018, n. 3129.

[17] Cass., 23 marzo 2017, n. 7557, in Nuova giur. civ., 2017, p. 1329, con nota di L.A. Caloiaro, L’irrealizzabilità del programma negoziale nell’ottica dei rimedi contrattuali: il caso della vendita di opere di antiquariato.

[18] Cass., 25 gennaio 2018, n. 1889, in Resp. civ. prev., 2018, p. 633 (il noto caso Boetti).

[19] Cass., 31 maggio 2017, n. 13784.

[20] L. Castelli, Opera d’arte priva di autenticità: rimedi a disposizione dell’acquirente e disciplina della prescrizione, cit., p. 421.

[21] Cass., 14 Gennaio 2022, n. 996, in Rass. dir. moda e arti, 2022, p. 157, con nota di E. Damiani, Vendita di quadro falso e decorrenza del termine di prescrizione. V. anche, Cass., 9 novembre 2012 n. 19509, in Corr. Giur., 2013, p. 463, con nota di E. Gabrielli, Vendita di opera d’arte, violazione dell’impegno traslativo e nullità del contratto per illiceità del suo oggetto.

[22] E. Damiani, ult. op. cit.

[23] Cass., 11 giugno 1942, n. 1635, in Rep. Foro it., 1942, voce vendita, n. 63; App. Bologna, 4 gennaio 1993, in Dir. aut., 1993, p. 487.

[24] A. M. Musy, S. Ferreri, I singoli contratti I, La vendita, in Trattato di diritto civile, diretto da R. Sacco, Torino 2006, p. 179.

[25] G. Magri, Falsa o erronea attribuzione di opera d’arte e rimedi contrattuali, cit., p. 403.

[26] G. Magri, ult. loc. cit.

[27] Cass., 2 febbraio 1998, n. 985, in Contratti, 1998, p. 437.

[28] E. Guerinoni, Buona fede contrattuale e obblighi di informazione, in PMI, 2007, p. 19.

[29] G. Magri, ult. op. cit., p. 406.

[30] App. Roma 23 novembre 1948, in Riv. dir. comm., 1949, p. 192, con nota di R. Sacco, L’errore sulla paternità del quadro.

[31] In tema di arte e blockchain, v. G. Magri, La blockchain può rendere più sicuro il mercato dell’arte?, in Aedon, 2019; G. Frezza, Blockchain, autenticazioni e arte contemporanea’, in Dir. Fam. Pers., 2020, p. 489; R. Moro Visconti, La valutazione dell’arte digitale, in Dir. ind., 2021, p. 472; G. Nava, I non fungible token, in R. Giordano, A. Panzarola, A. Police, S. Preziosi, M. Proto eds., Il diritto nell’era digitale, Milano, 2022, p. 237; G. Trovatore, L’opera d’arte e il suo valore nell’epoca della blockchain, in Arte e Diritto, 2022, p. 8; E. Damiani, Crypto arte e non fungible tokens: i problemi del civilista, in Rass. dir. moda arti, 2022, p. 352; G. Vulpiani, Nfts e crypto fashion: profili giuridici, in Rass. dir. moda e arti, 2022, p. 47; Ead., Non-Fungible Tokens: An Italian Private Law Perspective, in The Italian Law Journal, 2023, p. 361; C. Iorio, Artwork circulation and blockchain: a legal overview, in Dir. mercato e tecnologia, 31 marzo 2022, p. 1; P. Liberanome, Criptoarte e nuove sfide alla tutela dei diritti autorali, in Contratti, 2022, p. 93; N. Muciaccia, Prime riflessioni sul rapporto tra NFT e proprietà intellettuale, in Dir. informazione e informatica, 2022, p. 893; A. Alpini, NFT and NFTed artworks between property and copyrightability, in Persona e Mercato, 2023, p. 50; Ead., Dalla ‘platform economy’  alla ‘ clout economy’. La discussa natura giuridica degli NFTsRass. dir. moda e arti, 365-374 (2022); A. Caloni, Blockchain e mercato dell’arte: spunti di diritto privato, in Arte e diritto, 2022, p. 183; A. Guaccero, G. Sandrelli, Non-fungible tokens (NFTs), in Banca, borsa, titoli di credito, 2022, p. 834; R. Moro Visconti, ‘La valutazione dei marchi nella moda: dal Fashion Tech al Digital Clothing’, in Dir. ind., 2022, p. 255; L. Marchegiani, Non fungible tokens e diritto d’autore, in Rass. dir. moda e arti, 1/2023, p. 33; Frye, Brian L., NFTs & the Death of Art, 19 aprile 2021, SSRN: https://ssrn.com/abstract=3829399 orhttp://dx.doi.org/10.2139/ssrn.3829399; L.J. Trautman, Virtual Art and Non fungible tokens, in Hofstra Law Review, 2022, p. 362; B. Bodo, A. Giannopoulou, P. Mezei, J.P. Quintais, The Rise of NFTs: These Aren’t the Droids You’re Looking For, in European Intellectual Property Review, 44, 5, 2022, p. 265.

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[33] Osbourne v Persons Unknown & Anor [2022] EWHC 1021 (Comm).

[34] Sulla rigidità degli smart contracts, J.M. Sklaroff, Smart Contracts and the Cost of InflexibilityUniversity of Pennsylvania Law Review, 2017, Vol. 166, p. 263; M. Giancaspro, Is a ‘Smart Contract’ Really a Smart Idea?Computer Law & Security Review, 2017, p. 1. 

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