Creatività vs. originalità: la qualificazione di «opera dell’ ingegno» nell’era dell’intelligenza artificiale

Francesca Rotolo

Dottoranda di ricerca in “Diritto, mercato e persona” dell’Università Ca’  Foscari di Venezia

Se, in assenza di una definizione legislativa di «opera intellettuale», è stato finora possibile sostenere tautologicamente che un’ opera è «creativa» se ed in quanto originale e, viceversa, è «originale» se ed in quanto creativa, con l’ avvento di sistemi di Intelligenza Artificiale (AI) “generativa”, la presunta coincidenza tra le nozioni di creatività e di originalità sta gradualmente venendo meno. Quando a creare opere dell’ ingegno non sono autori-persone fisiche – come nel caso in cui le stesse sono generate da sistemi di intelligenza artificiale, per così dire, «autonomi» – il processo stesso di venuta ad esistenza di tale tipo di opere muta sensibilmente e, con esso, anche la possibilità di qualificare gli artefatti così generati come creativi, oltre che eventualmente originali. Il presente contributo, dopo aver effettuato una ricognizione sulla normativa vigente in materia e sul contesto tecnologico attuale, mira a proporre delle riflessioni sull’ evoluzione del processo «creativo» all’ epoca dell’ AI e sulle implicazioni che l’ eventuale presa d’ atto di una distinzione tra i concetti di creatività e di originalità potrebbe avere nel tessuto normativo attuale.

In the absence of a legislative definition of «intellectual work», it has so far been possible to tautologically argue that a work is «creative» if and to the extent that it is original, and vice versa, it is «original» if and to the extent that it is creative. With the spread of generative-AI systems, the alleged coincidence between the notions of creativity and originality is gradually fading away. When intellectual works are not created by author-natural persons, as in the case where they are generated by autonomous AI systems, the very process of bringing such works into existence changes significantly and, with it, also the possibility of qualifying the artifacts thus generated as creative, other than possibly original. The essay, after an overview of the relevant existing legislation and the current technological context, aims to propose some reflections on the evolution of the «creative» process in the era of AI and on the implications that the possible acknowledgement of a distinction between the concepts of creativity and originality might have in the current regulatory framework.

Sommario: 1. Introduzione. – 2. Il concetto di «opera intellettuale» e i requisiti di tutela delle opere dell’ ingegno secondo la normativa vigente. – 2.1. Creatività/originalità. – 2.2. Altri requisiti? – 2.3. La c.d. human authorship come requisito «implicito» delle opere dell’ ingegno? – 3. Il contesto tecnologico attuale. – 3.1. I soggetti coinvolti nel processo algoritmico di creazione di un’ opera intellettuale. – 3.2. Autonomia, automaticità dell’ AI e intervento umano. – 3.3. Il processo «creativo» all’ epoca dell’ AI. – 4. Una distinzione necessaria tra creatività e originalità nell’ attuale contesto tecnologico. – 4.1. La contestazione della coincidenza tra i due concetti. – 4.2 L’ esigenza di salvaguardare un elemento soggettivo nella tutela autorale: una questione di politica del diritto. – 5. Prime considerazioni sulla portata operativa della differenziazione tra creatività e originalità.

1. Numerosi sono ad oggi gli esemplari di opere dell’ ingegno elaborate in modo più o meno autonomo dai sistemi di intelligenza artificiale (di seguito, anche AI[1]): se ne possono trovare nel campo della letteratura, così come del giornalismo, della musica e della pittura[2]

Si tratta di beni molto diversi tra loro (opere digitali, opere appartenenti al campo della letteratura, della musica, della scultura, banche dati, ecc.), con un preciso valore commerciale e un’ applicazione di norma industriale[3], che difficilmente hanno rilevanza unicamente per un loro eventuale pregio artistico, estetico o di incentivo allo sviluppo culturale, ma che hanno nondimeno suscitato un certo scalpore nei rispettivi mercati di riferimento[4].

Ci si chiede ormai da tempo se tali produzioni, a cui nel prosieguo ci si riferirà per comodità anche con la locuzione «opere (o prodotti) dell’ AI», siano tutelabili come creazioni intellettuali o se alle stesse debba essere accordato un differente tipo di protezione.

Se con riferimento al diritto brevettuale, diverse sono le autorità[5] che si sono pronunciate in senso contrario alla tutela degli output dell’ AI quali invenzioni, con riferimento alle opere dell’ ingegno create da tali tecnologie, l’ unica autorità che sembra aver preso posizione al riguardo è stata sinora lo US Copyright Office[6], negando protezione ai sensi della normativa autorale dell’ opera creata dalla Creativity machine messa a punto dall’ Ing. Thaler – «padre» anche del sistema DABUS oggetto delle numerose pronunce degli uffici brevetti di tutto il mondo . Il dibattito non sembra tuttavia essersi concluso poiché una parte consistente della dottrina continua ad insistere sulla necessità di un’ interpretazione estensiva della normativa autorale adducendo a tal fine due ordini di motivazioni[7]:

a) argomentazioni giuridiche in senso stretto sul concetto di «opera» e sui requisiti richiesti dalla legge;

b) argomentazioni di natura logico-sistematica, economica e di politica del diritto.

Premesso chela rinuncia a qualsiasi protezione per tali tipi di opere rischierebbe di tradursi in un’ abdicazione da parte del legislatore dal suo ruolo di regolamentazione del mercato e, in particolare, del compito armonizzatore che ricopre quello europeo in tema di diritti di proprietà intellettuale[8], ad oggi i termini della questione non riguardano tanto, in senso assoluto, l’ an, quanto il quomodo e il quantum della tutela da accordarvi.

In genere, si fa una distinzione tra opere create con l’ ausilio dei sistemi di AI non autonomi e opere generate da sistemi di intelligenza artificiale «autonomi», riconoscendo solo alle prime l’ applicazione delle regole classiche del diritto d’ autore[9]

Tuttavia, come si vedrà, questa soluzione non convince del tutto, in quanto fondata su un concetto di autonomia dei modelli di AI che non tiene conto del maggiormente rilevante problema della natura creativa o meno dell’ intervento umano che nel concreto si esplica nel relativo processo. L’ aspetto peculiare, quando si parla di opere dei sistemi di intelligenza artificiale, infatti, non sta tanto nella capacità dell’ AI di essere autonoma – ovvero di pensare, di essere creativa, di avere coscienza, come pure si è provato a sostenere[10] – quanto piuttosto in cosa si debba intendere per creatività e in cosa si ritiene consista il processo creativo. 

2. All’ origine del dibattito sulla tutelabilità o meno dei prodotti dell’ AI vi è innanzitutto la souplesse[11] della normativa, sia nazionale che euro-unitaria, rispetto a ciò che si può considerare «opera intellettuale», nonché la «circolarità» dei suoi concetti chiave. Quest’ ultima caratteristica della disciplina, infatti, fa sì che «la definizione dell’ oggetto del diritto d’ autore (l’ opera), la sua natura tutelabile (la creatività/originalità), il suo soggetto (l’ autore) e talvolta anche il suo titolare»[12] si intreccino a tal punto da poter essere confusi.

Con riferimento alla normativa italiana, l’ approccio adottato dalla Legge 22 aprile 1941, n. 633, legge sulla «Protezione del diritto d’ autore e di altri diritti connessi al suo esercizio» (di seguito anche l.d.a.) per definire le opere tutelate dalla normativa autorale è quello di un sistema aperto, che, facendo ricorso a contestualizzazioni ed esemplificazioni, include tipologie di beni giuridici anche molto diversi tra loro[13].

Conseguenza della souplesse della disciplina – ad un tempo, suo punto di forza e origine di annose incertezze – e della circolarità delle nozioni è l’ ampia rilevanza che hanno dottrina e giurisprudenza nella definizione, peraltro non sempre lineare, dei concetti chiave in materia.

Il primo elemento di incertezza è rappresentato dall’ interazione non sempre lineare tra il piano nazionale e quello euro-unitario.

La dimensione transnazionale della disciplina[14] è, infatti, all’ origine di una sovrapposizione talvolta non coerente tra le pronunce dei giudici (non solo nazionali ma anche euro-unitari), il dato normativo (anch’ esso nazionale ed euro-unitario) e gli ampi contributi dottrinali. Un esempio, in tal senso, è offerto da quella che appare una non completa coincidenza tra il concetto di «originalità» – di gran lunga prediletto dalla normativa euro-unitaria per riferirsi in modo onnicomprensivo alla caratteristica precipua di una data opera intellettuale – e quello di creatività – che, invece, sembra più gettonato nella dimensione domestica per indicare parimenti il quid proprio di una produzione dell’ ingegno.

Il secondo elemento di confusione che si coglie nella letteratura è rappresentato dalla sensazione che quando si parla di creatività, originalità, novità, ecc. ci si riferisca a elementi costitutivi delle opere (requisiti delle opere), piuttosto che a requisiti di accesso alla tutela autorale, così come intesi tradizionalmente[15]

A tale incertezza avrebbe contribuito il ragionamento condotto dalla CGUE nei due celebri casi Painer[16] e Levola Hengelo[17] che, considerando l’ esistenza dell’ originalità quale prerequisito delle opere dell’ ingegno, ha di fatto ribaltato il ragionamento tradizionalmente condotto dai giudici nazionali per decidere se un’ opera possa essere protetta o meno[18].

2.1 Secondo l’ impostazione prevalente[19], il tratto comune alle creazioni coperte dal diritto d’ autore va individuato nell’ essere, le stesse, opere dell’ ingegno dotate di creatività[20]

A dire il vero, nella giurisprudenza europea[21] e nella parte di dottrina che si approccia al tema con una prospettiva comparatistica[22], nel riferirsi al carattere precipuo delle opere dell’ ingegno, si fa spesso ricorso piuttosto all’ elemento dell’ «originalità». Ad esempio, nella già citata sentenza Painer, la CGUE definisce «originale» (e non creativa) un’ opera frutto della «creazione intellettuale dell’ autore», aggiungendo peraltro che «una creazione intellettuale appartiene al suo autore se rispecchia la personalità di quest’ ultimo»[23].

Anche se si ritiene che nel contesto attuale i due concetti possano essere considerati come non del tutto coincidenti, per il momento riferendoci unitariamente alla creatività/originalità intendiamo richiamare quell’ elemento che permette di dire che un’ opera è il riflesso della personalità del suo autore.

In particolare, la creatività/originalità si manifesta nelle «scelte libere e creative» [24] di quest’ ultimo, nella sua «scelta discrezionale» sul modo con cui lo stesso esprime un’ idea, tra tutti quelli[25] con cui è possibile farlo[26]

È stato ritenuto, a mero titolo di esempio, che, nelle opere letterarie, la creatività potrebbe essere ricercata e vagliata nella «scelta, disposizione e combinazione» delle parole[27]; nelle opere fotografiche, in precise scelte compositive, di illuminazione, di caratterizzazione del soggetto (posa, abbigliamento, ecc.)[28]; nelle banche dati, nella selezione e nella disposizione dei materiali e nel criterio utilizzato per riorganizzare e disporre i dati[29], ecc.; nelle opere musicali, infine, nella definizione di una data linea melodica, nella scelta di uno specifico genere musicale e nel ritmo[30].

Non sono state ritenute creative, al contrario, le opere rispetto alle quali la scelta degli elementi era stata dettata esclusivamente da considerazioni di carattere tecnico e funzionale (è la c.d. technical exclusion), che non lasciano margine all’ espressione di una libertà creativa[31], come, per esempio, le creazioni le cui forme sono necessitate o imposte dalla funzione utilitaria distintiva[32] o quelle standardizzate[33].

2.2 È controverso se nel diritto d’ autore esistano altri requisiti di tutela oltre alla creatività/originalità.

Alcuni autori hanno individuato, quale ulteriore criterio di accesso alla protezione, quello della novità oggettiva[34]. Secondo un orientamento diffuso in Italia, infatti, il concetto stesso di «creazione» esigerebbe l’ apporto di qualcosa che prima non esisteva, tanto che la stessa espressione «“creazione intellettuale” […] rimanda all’ idea che, nei suoi caratteri distintivi, la forma espressiva dell’ opera differisca da qualsiasi altra precedentemente conosciuta»[35].

Spesso la Cassazione stessa ha utilizzato la nozione di novità come fosse distinta da quella di creatività e di originalità[36]

Tuttavia, considerando che non è facile condurre un «giudizio di anteriorità» in una materia come il diritto d’ autore, uno dei cui principi cardine è l’ inesistenza di un sistema di iscrizione obbligatoria in pubblici registri ai fini della venuta ad esistenza delle opere dell’ ingegno[37], si deve propendere per l’ esclusione di tale ulteriore criterio – tanto che anche la nozione di «opera dell’ ingegno» formulata a livello euro-unitario non sembra ricomprendere questo requisito.

Vi è poi chi si chiede se ai fini della tutela autorale e, dunque, del riconoscimento di un’ opera creativa in quanto tale, sia necessario che la stessa rientri nel «campo dell’ estetica» o dell’ arte[38].

Tuttavia, secondo l’ impostazione maggioritaria, la tutela autorale sembrerebbe prescindere da qualsiasi giudizio di estetica, artisticità, esattezza e liceità[39]

Infatti, pur non essendovi unanimità in tal senso[40], secondo l’ opinione prevalente non si può esprimere un giudizio sulla meritevolezza dell’ opera sulla base di canoni estetici, artistici o di valore, perché, diversamente, si rischierebbe di introdurre, tra le varie produzioni dell’ ingegno, discriminazioni inaccettabili e arbitrarie (e difficilmente giustificabili su base oggettiva)[41]. Un brano di free jazz è musica, ad esempio, anche quando sia «sbagliato» da un punto di vista tonale[42].

Se ai fini della tutela autorale fosse richiesto il soddisfacimento di requisiti di merito, d’ altronde, si finirebbe per investire il giudice di compiti che non gli sono propri, ingiustamente[43] erigendolo, a seconda del contesto, a esperto di estetica, di arte, di sociologia, ecc..[44], con conseguenze senz’ altro negative in termini di certezza del diritto[45].

Nel senso di negare la possibilità di riconoscere un requisito dell’ opera ulteriore rispetto alla creatività/originalità sembrerebbe orientarsi anche il considerando 8 della Direttiva Software (Direttiva n. 91/250/CEE) ai sensi del quale «per quanto riguarda i criteri da applicare per determinare se un programma per elaboratore costituisca o meno un’ opera originale, non dovrebbero essere valutati i meriti qualitativi o estetici del programma», nonché il considerando 16 della  Direttiva Database (Direttiva n. 96/9/CE), secondo cui «non dovranno essere applicati altri criteri diversi da quello di originalità, nel senso di creazione intellettuale, per stabilire se una banca di dati sia tutelabile o meno in base al diritto d’ autore, e in particolare non dovrà essere effettuata alcuna valutazione della qualità o del valore estetico della banca di dati».

2.3 Quale che sia il requisito di accesso alla tutela autorale e quali che siano la sua natura e la sua portata, è sempre stata opinione comune[46] che a creare un’ opera dell’ ingegno tutelabile dal diritto d’ autore potessero essere solo persone fisiche.

In particolare, il presupposto della c.d. human authorship sarebbe intrinseco nel concetto stesso di creatività/originalità[47], nonché nell’ espressione «the author’ s own intellectual creation» che figura a livello europeo nelle direttive n. 96/9/CE (c.d. Direttiva I Database) e n. 2009/24/CE (c.d. Direttiva Software)[48] e, con riferimento alle opere fotografiche, nella Direttiva n. 93/98/CEE (c.d. Term of Protection Directive).

L’ assunto su cui si è basata nel tempo una simile impostazione è che con «creazione intellettuale» si dovesse intendere necessariamente un prodotto della «mente» umana.

Sul piano internazionale, alcuni autori oltralpe hanno ritenuto che la Convenzione di Berna si riferisca ad un autore umano quando parla di «author» e «authorship»[49] e lo stesso si potrebbe dire dei TRIPs agreements, ma una posizione precisa in tal senso è presente solo in una fonte di soft law, lo European Copyright Code del Wittem Group

L’ art. 2.1 di tale code prevede, infatti, che «The author of a work is the natural person or group of natural persons who created it», peraltro chiarendo che l’ espressione «in so far»[50] usata dall’ art. 1.1 per indicare che un’ opera è tale in quanto costituisce «its author’ s own, intellectual creation», non è una mera condizione di esistenza del diritto d’ autore, «but also defines its limits».

Nel nostro ordinamento, il fatto che l’ autore debba essere necessariamente una persona fisica sembrerebbe potersi desumere a livello sistematico da diverse norme della l.d.a., come, ad esempio l’ art. 25 l.d.a., secondo cui la durata del diritto d’ autore è pari a «70 anni dalla morte del suo autore»[51]. Anche la formulazione ex art. 2576 c.c. e art. 6 l.d.a., secondo cui il titolo originario dell’ acquisto del diritto d’ autore è costituito dalla creazione dell’ opera, quale particolare espressione del lavoro intellettuale, sembrerebbe deporre in tal senso. A tal proposito il Report italiano reso nell’ ambito del citato Study Question dell’ AIPPI, nel richiamare la giurisprudenza europea e rilevare che «the Court of Justice of the European Union (CJEU) has declared on several occasions that copyright only applies to original works and that originality must reflect the “author’ s own intellectual creation” (see case C-5/08 Infopaq International A/S v Danske Dagbaldes Forening)» specifica che «This is usually understood as meaning that a human author is necessary for a work to enjoy copyright protection[52]».

La principale critica all’ idea di considerare implicito il requisito della human authorship è che all’ epoca in cui sono state adottate le normative citate non era neanche concepibile che le opere dell’ ingegno potessero essere prodotte da entità differenti dall’ uomo.

Nonostante tali contestazioni, si propende tendenzialmente per ritenere che, anche con il mutato contesto tecnologico, la presenza di un autore umano debba essere considerata ancora oggi uno dei presupposti della tutela autorale[53].

3. Con il crescente utilizzo di sistemi di AI nel settore creativo, il processo di venuta ad esistenza delle opere dell’ ingegno prodotte con l’ ausilio di tali nuove tecnologie è mutato sensibilmente e, con esso, la possibilità di qualificare tali artefatti come creativi.

Gli sconvolgimenti relativi al processo di venuta ad esistenza delle creazioni intellettuali riguardano non solo i soggetti giuridici coinvolti in esso, ma anche la natura dell’ intervento umano in tale processo, a seconda della tecnologia utilizzata, nonché le «fasi» stesse in cui esso tradizionalmente si è esplicato (idea, espressione dell’ idea, fissazione su un supporto).

3.1 Molti sono i soggetti (persone fisiche e giuridiche) che possono essere coinvolti nel processo di creazione di opere tramite sistemi di AI: a coloro che intervengono genericamente nella progettazione, programmazione, implementazione e distribuzione di un sistema di intelligenza artificiale, nei processi di creazione delle opere dell’ AI si aggiungono altre figure con un ruolo e una qualificazione a sé stanti.

Per quanto riguarda i soggetti che intervengono, a monte, nel processo di creazione e di utilizzo di un sistema di AI, basti notare innanzitutto che nella implementazione di un modello di intelligenza artificiale sono implicati non solo i designer e i programmatori del software, ma anche gli autori dell’ hardware. Inoltre, poiché i sistemi di AI sono normalmente sottoposti ad una fase di training in cui viene loro «insegnato» come giungere a un qualsivoglia output a partire da determinati input (informazioni, dati personali, immagini, ecc.), altri soggetti coinvolti nel processo possono essere gli autori del training.

Ulteriori figure chiave della filiera di creazione e di utilizzo di un sistema di AI possono essere, poi, i produttori, i distributori e gli utenti finali.

A questo riguardo, la proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio sull’ AI del 21 aprile 2021 si riferisce a tali soggetti complessivamente con il termine «operatori»[54] definendoli come «il fornitore, l’ utente, il rappresentante autorizzato, l’ importatore e il distributore» e, a sua volta, (i) il fornitore come «una persona fisica o giuridica, un’ autorità pubblica, un’ agenzia o un altro organismo che sviluppa un sistema di IA o che fa sviluppare un sistema di IA al fine di immetterlo sul mercato o metterlo in servizio con il proprio nome o marchio, a titolo oneroso o gratuito»; (ii) l’ utente come «qualsiasi persona fisica o giuridica, autorità pubblica, agenzia o altro organismo che utilizza un sistema di IA sotto la sua autorità, tranne nel caso in cui il sistema di IA sia utilizzato nel corso di un’ attività personale non professionale», (iii) il rappresentante autorizzato come «qualsiasi persona fisica o giuridica stabilita nell’ Unione che ha ricevuto un mandato scritto da un fornitore di un sistema di IA al fine, rispettivamente, di adempiere ed eseguire per suo conto gli obblighi e le procedure stabiliti dal presente regolamento»; (iv) l’ importatore come «qualsiasi persona fisica o giuridica stabilita nell’ Unione che immette sul mercato o mette in servizio un sistema di IA recante il nome o il marchio di una persona fisica o giuridica stabilita al di fuori dell’ Unione»;  (v) il distributore come «qualsiasi persona fisica o giuridica nella catena di approvvigionamento, diversa dal fornitore o dall’ importatore, che mette a disposizione un sistema di IA sul mercato dell’ Unione senza modificarne le proprietà».

Già prima, comunque, la «Risoluzione del Parlamento europeo del 20 ottobre 2020 recante raccomandazioni alla Commissione su un regime di responsabilità civile per l’ intelligenza artificiale» si era occupata di definire il concetto di «operatori»[55], limitandosi, però, a distinguere tra (i) operatori di «front-end», ovvero «la persona fisica o giuridica che esercita un certo grado di controllo su un rischio connesso all’ operatività e al funzionamento del sistema di IA e che beneficia del suo funzionamento»; e (ii) operatori di «back-end», ovvero «la persona fisica o giuridica che, su base continuativa, definisce le caratteristiche della tecnologia e fornisce i dati e il servizio di supporto di back-end essenziale e pertanto esercita anche un elevato grado di controllo su un rischio connesso all’ operatività e al funzionamento del sistema di IA».

Pur restando da comprendere la portata che avranno tali definizioni nella versione definitiva dei testi normativi che saranno eventualmente adottati, è certo che le stesse dovranno essere coordinate con le ulteriori figure che rilevano nei processi di produzione di opere dell’ ingegno.

Tra queste, quando si utilizzano sistemi di AI in campo creativo, vi sono almeno coloro che[56]:

  1. hanno creato le opere «prime», ovvero le opere che sono utilizzate per addestrare i sistemi di AI;
  2. si occupano della selezione delle opere da utilizzare come dati di training;
  3. nel caso di apprendimento supervisionato, assegnano a ciascuna delle entità selezionate, dei «labels», ovvero parole chiave e metadati, che permettono di addestrare il modello;
  4. selezionano un modo di «rappresentazione del segnale», un formato di trascrizione delle informazioni che renda facile per la macchina manipolarle (nel caso descritto nella tabella di seguito, è stato utilizzato un vettore di parametri «x1»… «xn»);
  5. scelgono il tipo di modello di AI da utilizzare (nel caso descritto in tabella, una rete neurale), i dettagli della sua architettura e i suoi parametri, nonché le modalità della fase di addestramento (funzione di costo, ecc.);
  6. durante l’ addestramento osservano, selezionano e utilizzano le entità prodotte per modificare il modello o le caratteristiche dell’ apprendimento automatico/supervisionato;
  7. intervengono nella fase di «post-produzione» per selezionare e modificare le entità del modello generativo o reintrodurle nel data-set addestramento (h).  

La compresenza di una pluralità di figure potenzialmente coinvolte pone molteplici quesiti: primo fra tutti, se possa essere individuato, tra di esse, un soggetto da definirsi «autore» così come inteso dalla normativa attualmente vigente (persona fisica).

Si tratta di soggetti che, distanziandosi di molto dalla figura dell’ autore di opere dell’ ingegno «classiche» a cui si riferisce l’ impianto normativo vigente, possono inserirsi nel sillogismo autore=creatività=prodotto creativo elementi di rottura piuttosto importanti.

Nonostante le diverse proposte operative sollevate in dottrina[57], si deve ritenere che allo stato attuale non possa fornirsi una risposta a tali quesiti se non a seguito di un’ analisi più approfondita delle modalità concrete di funzionamento dei modelli di AI e di intervento umano nel funzionamento degli stessi.

3.2 Come si è detto, nella letteratura sul tema, si distingue generalmente[58] tra due tipi di «creazioni dell’ AI»: (i) le creazioni «assistite» da un sistema di AI (non autonomo), rispetto alle quali lo stesso agisce come mero strumento del processo creativo, che è sempre appannaggio di (o comunque supervisionato da) un essere umano; (ii) le creazioni «generate» dai sistemi di Intelligenza Artificiale (autonomi) senza alcun apporto dell’ uomo o con un suo intervento minimo.

Una tale distinzione non convince del tutto.

Innanzitutto, perché parlare di sistemi di AI in modo generico è fuorviante: a sollevare le problematiche maggiori nel campo del diritto d’ autore sono i modelli di machine learning[59] e, in particolare, tra questi, i sistemi più «complessi e dinamici», che si basano «su un’ architettura, che di solito viene stabilita da un programmatore prima del processo di addestramento ed è composta da strati di neuroni collegati» tra loro[60]

Vi sono infatti software così complessi nei quali – più che in altri – l’ intervento umano è talmente marginale[61] che, ad esempio, la classica individuazione di una persona fisica a monte del processo algoritmico diviene piuttosto complessa o si riduce ad una scelta legislativa fittizia, rispondente a logiche di politica del diritto che, per quanto condivisibili, richiedono nondimeno una precisa analisi in tal senso. 

Pertanto, parlare di sistemi di AI in generale potrebbe non essere sufficiente ai fini di un’ analisi operativa completa e realistica e occorrerebbe piuttosto effettuare delle riflessioni differenti a seconda della tecnologia specifica che ha prodotto i diversi output. 

In secondo luogo, una simile impostazione non convince in quanto, basandosi su una distinzione tra sistemi di AI autonomi e sistemi di AI non autonomi, non coglie il punto nevralgico della questione: ovvero, che non è tanto l’ assenza o la presenza dell’ intervento umano – o la sua «quantità» – a fare la differenza nel processo di creazione di un’ opera, ma la «qualità» di tale apporto, che può essere creativo o meno.

Non è detto che un’ opera «creata» con un sistema di AI non autonomo sia creativa più di un’ opera «generata» da sistemi intelligenti «autonomi» e questo perché l’ intervento umano, nel primo come nel secondo caso, pur magari presente in modo massiccio, può ridursi a una attività di natura meramente tecnica.

Peraltro, le affermazioni secondo cui l’ AI genera «autonomamente» invenzioni hanno suscitato già in passato molte polemiche[62].

Che l’ AI sia capace di generare prodotti in modo autonomo, rispetto ai quali l’ uomo si possa limitare a indicare l’ obiettivo finale senza fornire istruzioni su come raggiungerlo, è smentito alla luce dello stato tecnologico dell’ arte[63]

Gli informatici sono piuttosto concordi nell’ affermare che non esistono, ad oggi, e forse non esisteranno mai, sistemi intelligenti in grado di operare in modo del tutto autonomo: i software e le macchine di AI chiamati a risolvere problemi nuovi tramite ragionamenti induttivi e valutazioni probabilistiche, partono sempre dalle istruzioni impartite dall’ uomo e con il controllo, seppur minimo, di quest’ ultimo[64] e non potrebbe essere altrimenti. Anche i sistemi più complessi, che accumulano esperienza man mano che ricevono dall’ esterno ulteriori informazioni su quello che stanno elaborando[65], non prescindono mai da un input esterno. 

Non è stata d’ altronde considerato segno di un comportamento autodeterminante neanche la randomizzazione utilizzata nei sistemi di machine learning.[66]

Il punto nodale della questione, infatti, non è tanto l’ autonomia del sistema di AI utilizzato, quanto piuttosto l’ automaticità del processo che lo stesso pone (o che può tecnicamente porre) in essere e, di conseguenza, la creatività nel caso concreto dell’ input umano.

È infatti nella libertà di scelta tra più modi di esprimere un’ idea, nonché nella possibilità dell’ uomo di intervenire direttamente o meno nel processo creativo e di incidere sul suo risultato, la differenza ‘ qualitativa’  tra «autonomia» e «automaticità» del processo. 

Nel campo della bioetica e della filosofia, «autonomia» indica rispettivamente un «principio-guida dell’ azione morale, che include diversi significati: autodeterminazione, autodecisione, diritto alla libertà e alla riservatezza», nonché «l’ espressione della libertà del volere, sia nel suo aspetto negativo di esclusione di ogni norma che non derivi dalla sua stessa natura, sia in quello positivo di affermazione del potere dello spirito di dare a sé stesso la propria norma»[67].

Considerata in questi termini l’ autonomia, difficilmente può affermarsi che l’ AI abbia una volontà e libertà proprie, distinte da quelle dei soggetti che la utilizzano o che l’ hanno ideata, programmata, allenata – a meno di non volersi interrogare in una prospettiva innanzitutto filosofica sul significato stesso di «libertà» e «volontà» dell’ uomo, il che però esula dall’ oggetto di tale contributo.

La nozione di «automaticità», invece, facendo riferimento alla «capacità di una macchina di regolare il proprio funzionamento» e richiamando il concetto di «ripetizione» di azioni «in serie, senza il diretto intervento dell’ uomo», prescinde da valutazioni circa la capacità del sistema di AI di esplicare una propria volontà e, dunque, appare più opportuna rispetto a quella di autonomia, quando si discorre di processi di creazione di un’ opera dell’ ingegno da parte di un sistema di AI.

«Automatico», infatti, si dice «di macchina, meccanismo o dispositivo che, regolato opportunamente, è capace di compiere determinate operazioni o lavorazioni, per lo più ripetute in seriesenza il diretto intervento dell’ uomo»[68]

Peraltro, nel contesto tecnologico, il concetto di «automaticità» è collegato a quello di «automazione», con cui si intende, per dirla con le parole di una recente sentenza del Consiglio di Stato italiano, la «predisposizione di sistemi di azione e controllo idonei a ridurre, in misura diversa, grado e frequenza dell’ intervento umano nello svolgimento di una data attività»[69], nonché, più genericamente, «l’ impiego di macchine e procedure complesse e raffinate, capaci di regolare il proprio funzionamento e di controllare mediante organi sensibili la qualità del lavoro prodotto, in particolare con riferimento a cicli produttivi retti da calcolatori di processo»[70].

È rispetto all’ automaticità del processo che vanno allora valutate l’ incidenza, nella creazione dell’ opera dell’ AI, dell’ uomo e delle scelte creative da lui liberamente o meno effettuate ed espresse nell’ output e, dunque, in definitiva la creatività dell’ intervento umano e dell’ opera che ne risulta.

3.3 Ciò che è stato fino ad ora considerato in modo quasi indiscusso il normale susseguirsi delle tre fasi del procedimento di venuta ad esistenza di un’ opera – idea, espressione dell’ idea e fissazione su un supporto materiale[71] – nell’ era digitale, il «classico» processo creativo ha iniziato ad essere messo sempre più in discussione.

Innanzitutto, con riferimento alla sua terza fase, la diffusione di Internet ha di fatto determinato l’ emersione di un genere di opere che non trovano mai esteriorizzazione in un supporto materiale[72].

Con l’ avvento dell’ AI, poi, anche la linea di demarcazione tra «idea» (non protetta) ed «espressione dell’ idea»[73](protetta) è divenuta più sfumata.

Nelle opere create dall’ uomo, l’ «emancipazione» della «forma espressiva» dal mondo delle idee è di suo esclusivo appannaggio; in quelle generate dall’ AI, l’ «espressione delle idee» è un momento che riguarda esclusivamente il software e il suo funzionamento[74]: è l’ algoritmo (più o meno intelligente) che, eseguendo degli input, «elabora» le idee non protette e ne dà una forma astrattamente tutelabile.

In questo contesto, la produzione dell’ opera diventa parte integrante del processo algoritmico dell’ AI[75]: gli algoritmi di intelligenza artificiale «apprendono sulla base dell’ utilizzo di opere preesistenti in maniera non convenzionale, realizzando su di esse una cd. reverse engineering. Tali opere vengono scomposte, decostruite e successivamente ricostruite e ricomposte al fine di elaborare un nuovo modello creativo»[76]

Il processo dell’ AI non è dunque volto ad esprimere un contenuto informativo o un’ idea, come classicamente inteso, ma a «massimizzare la probabilità di ottenere con successo gli obiettivi prefissati»[77]. In particolare, «l’ AI adotta un ragionamento deduttivo risultante dalla destrutturazione delle opere di cui si alimenta allo scopo di individuare i metodi creativi adoperati e di riassemblarli, per creare un’ opera artificiale, derivata da una creatività altrettanto artificiale sorta sulle opere preesistenti e sui meccanismi di funzionamento delle menti degli autori di tali opere» [78].

Anche i modelli di machine learning più complessi e dinamici, come le c.d. reti neuronali artificiali, altro non sono che un insieme di funzioni matematiche che trasformano gli input (il valore numerico dei pesi a monte) in un output (il valore numerico dei pesi a valle)[79].

Il funzionamento dell’ intelligenza artificiale, così come delineato, è davvero sufficiente a poter affermare che le opere dell’ AI costituiscono idee espresse in una forma ai sensi della normativa autorale[80]? E, in caso affermativo, in quale punto (momento temporale, passaggio logico, calcolo) del processo «creativo» tale espressione si manifesterebbe?

La risposta ai quesiti è tutt’ altro che semplice, tanto che, come anche rilevato dal Max Planck Institute in uno studio del 2021[81], a seconda di come viene addestrato il sistema di AI e del tipo di input umano che richiede, potrebbe essere molto difficile o addirittura impossibile stabilire il momento di venuta ad esistenza dell’ opera[82] in cui sorge la protezione del diritto d’ autore[83].

Fino ad ora, è stato il concetto di creatività, in quanto ricollegato al processo di scelta tra più opzioni posto in essere dall’ autore e all’ estrinsecazione della sua personalità, ad aver demarcato le due fasi dell’ «idea» e dell’ «espressione dell’ idea». 

Ad oggi, in un processo creativo «innervato» da calcoli matematici e funzioni, prendere in considerazione unicamente il criterio della creatività come giustificazione del riconoscimento di un monopolio esclusivo sull’ opera[84] rischia di non essere più sufficiente: definita la creatività come espressione del legame tra un autore e la sua opera, è difficile sostenere che le creazioni dei sistemi di AI siano frutto della «creatività» di questi ultimi. 

È stato sottolineato, infatti, che «gli algoritmi sono [solo] in grado di simulare la creatività»[85].

D’ altra parte, come si è visto, non è neanche detto che tali creazioni siano sempre espressione della personalità di colui o coloro che intervengono nel processo algoritmico. 

Considerando che non sarebbe auspicabile, in termini di certezza del diritto, introdurre un criterio del tutto nuovo per la demarcazione tra idee libere e idee espresse e tutelabili dal diritto d’ autore[86], una soluzione a questo apparente impassepotrebbe essere rappresentata da una reinterpretazione del criterio di originalità in chiave oggettiva, scardinandolo da quello di creatività.

4. I concetti di «originalità» e «creatività» sono stati utilizzati in molti casi come coincidenti: non è raro che si sia fatto ricorso ad uno dei due termini per fornire una definizione dell’ altro, secondo l’ idea che «originale» sarebbe un’ opera espressa in modo creativo, o, viceversa, «creativa» un’ opera con carattere di originalità[87]

La giurisprudenza italiana dal canto suo ha avuto un ruolo importante nel perpetuarsi di una percezione quantomeno di interdipendenza tra le due nozioni, non fornendo una definizione né di originalità né di creatività e utilizzando i due termini in modo «circolare»: in una sua emblematica sentenza[88], la Corte di Cassazione sembra far ricorso indifferentemente ai termini «originalità» e «carattere creativo» quando argomenta in merito al primo motivo in cui era stata chiamata a giudicare proprio sul concetto di «originalità». Nel prosieguo della sentenza, però, sulla scia di quello che oramai sembra un orientamento consolidato sul punto[89], la Corte specifica anche che «il concetto giuridico di creatività, cui fa riferimento la norma della L. n. 633 del 1941, ex art. 1, non coincide con quello di creazione, originalità e novità assoluta, riferendosi, per converso, alla personale e individuale espressione di un’ oggettività appartenente alle categorie elencate, in via esemplificativa, nell’ art. 1 della Legge citata, di modo che un’ opera dell’ ingegno riceve protezione a condizione che sia riscontrabile in essa un atto creativo, seppur minimo, suscettibile di manifestazione nel mondo esteriore». 

Dalle parole della Corte, tuttavia, non si evince con chiarezza quale sia la linea di demarcazione tra le nozioni di «originalità» e di «creatività», né se le stesse abbiano effettivamente un significato giuridico a sé stante.

Si ritiene che nel contesto attuale la nozione di «originalità» e quella di «creatività» potrebbero essere reinterpretate in modo inedito e considerate, così, come autonome.

4.1 Seppur con qualche incertezza, già in passato dottrina e giurisprudenza hanno considerato l’ originalità come requisito di accesso alla tutela autorale distinto dalla creatività, per quanto ancora legata a stretto filo con essa – talvolta inglobata[90], talaltra inglobante la stessa[91].

Esistono, d’ altronde, nel tessuto normativo italiano attuale esempi di opere originali del cui carattere creativo si può dubitare:

  1. le opere in comunione[92], nelle quali i contributi di ciascun autore sono indistinti e irriconoscibili e non necessariamente riflettono complessivamente l’ «intellectual creation» di ciascuno di loro;
  2. le opere collettive[93], frutto dell’ unione di lavori minori o di frammenti di lavori di autori diversi, che sono riuniti per uno scopo determinato – per lo più divulgativo, didattico o scientifico[94] –, rispetto alle quali a ben vedere la creatività è richiesta ex lege[95] per il singolo contributo dei differenti autori, non per il risultato finale;
  3. le c.d. «opere composte» di cui agli artt. da 33 a 37 l.d.a., ovvero le opere drammatico-musicali con parole, le opere coreografiche e pantomimiche, che sono generalmente frutto della creazione intellettuale di più autori e per le quali valgono le medesime considerazioni esposte nei punti precedenti;
  4. le opere anonime, rispetto alle quali la tutela prescinde dall’ individuazione concreta di un autore persona fisica alla cui «intellectual creation» ricondurle.

Un’ ulteriore riflessione in questo senso potrebbe essere condotta sui software e sulle banche dati: rispetto ad essi, dottrina e giurisprudenza, nel tentativo di conciliare l’ impostazione personalistica classica del concetto di creatività/originalità con la scelta legislativa di origine comunitaria di inserire tali categorie di opere tra quelle tutelabili ai sensi dell’ art. 1, comma 2, e dell’ art. 2, nn. 8 e 9, l.d.a., hanno elaborato riflessioni che sono apparse a taluni «forzate»[96].

Per riconoscere la tutelabilità dei software, per esempio, si è giunti a considerare gli stessi come «opere letterarie ai sensi della Convenzione di Berna», riferendone la protezione essenzialmente al loro codice sorgente, che, in quanto «scritto in un linguaggio comprensibile all’ uomo»[97], poteva essere funzionalmente assimilato ad un testo letterario.

Per accordare, invece, una protezione alle banche dati si è optato per far assurgere la creatività ad elemento dirimente tra i database tutelabili ai sensi degli artt. 64-quinquies e ss. (appunto, le banche dati creative) e quelli che, non qualificabili come opere dell’ ingegno (poiché non creativi), possono accedere alla sola tutela di diritto connesso prevista dagli artt. 10-bis ss. l.d.a.[98]. Ebbene, rispetto alle banche dati, la creatività è stata individuata «alternativamente o cumulativamente nella scelta o nella disposizione dei materiali»[99]. Appare, tuttavia, difficile riconoscere nella «scelta» o nella «disposizione» dei materiali di una banca dati un’ impronta personale del loro costitutore.

Con l’ avvento dei sistemi di AI, che simulano soltanto la creatività, ma di produrre nondimeno opere che da un punto di vista «esteriore», oggettivo, sono in tutto e per tutto indistinguibili da quelle create dall’ uomo e di fatto originali, il legame biunivoco tra i due concetti è messo ancor più in discussione.

4.2 Effettuare una distinzione tra il concetto di creatività e quello di originalità si pone innanzitutto come una questione di politica del diritto e riflette essenzialmente la necessità di salvaguardare – anche nell’ evoluzione cui la normativa autorale sta andando incontro nel contesto digitale – una dimensione soggettiva del diritto d’ autore che, quantomeno per parte di tali opere (quelle creative), continui a valorizzare gli interessi personalistici dei creatori-persone fisiche, senza al contempo negare l’ evidente necessità di riconoscere protezione alle opere che creative non sono, ma originali possono essere. 

Da una parte, infatti, la concezione personalistica della normativa autorale, alla base delle riflessioni della dottrina italiana, ma non solo[100], esige una ri-espansione della pregnanza dei diritti morali, quantomeno in termini generali e astratti rispetto alle opere che possono dirsi creative. 

Dall’ altra, vanno valorizzate – anche in quanto funzionali al complessivo progresso culturale della comunità di riferimento – le prerogative patrimoniali di chi investe in un’ attività economica di produzione di opere dell’ ingegno e ciò altresì quando i risultati della stessa non siano riconducibili in senso stretto a una creazione intellettuale.

Per poter fissare una simile distinzione tra i due concetti ci si dovrebbe riconciliare però con ciò che parte della dottrina considera una «stortura» del concetto di originalità, nella sua nuova accezione oggettiva, e riconoscere a tale criterio di accesso alla normativa autorale un nuovo ruolo – «peut-être aussi plus conforme à la réalité judiciaire»[101]

In particolare, considerandola alla stregua della novità, come «nouveauté dans l’ univers des formes»[102], essa potrebbe essere pacificamente intesa quale caratteristica inerente al bene e alla sua «forma»[103], più che, come la creatività, al legame tra opera e suo autore.

Una percezione dell’ accezione oggettiva dell’ originalità può essere individuata nella disciplina oltreoceano, ove – non a caso, ovviamente, considerando il diverso approccio degli ordinamenti di common law sul tema – già nei primi anni ‘ 90, in una storica sentenza della US Supreme Court[104], è stato ritenuto che «original, as the term is used in copyright, means only that the work was independently created by the author (as opposed to copied from other works)». Per quanto la Corte statunitense aggiunga poi che l’ opera originale, per essere tale, debba possedere «at least some minimal degree of creativity»[105], ciò che è interessante di tale passaggio della sentenza statunitense è che «originale» è un’ opera creata indipendentemente dall’ autore in quanto non «copiata» da altre opere

Un’ eco in questo senso si ritrova anche tra le voci autorevoli della dottrina italiana, secondo cui «originale» è qualsiasi opera «propria dell’ autore», ovvero che non è «frutto di un plagio» e non ricade «in stilemi comuni»[106]. Senza troppo soffermarsi sul riferimento alla riconducibilità dell’ opera ad un autore[107], l’ originalità andrebbe intesa in questa accezione nel senso che l’ opera, per essere originale, non deve essere copiata, né la riproduzione o l’ imitazione di modelli precedentemente creati[108]. La reinterpretazione in senso oggettivo di tale criterio non implica comunque necessariamente il vaglio dell’ artisticità dell’ opera, ma può nondimeno richiedere una valutazione della sua «esteticità»[109], delle «modalità in cui è presentata» e può riguardare, ad esempio, il suo essere rara, «unusual, novel or unique»[110].

In tale quadro, la creatività continuerebbe invece ad essere scrigno di un legame indefettibile tra l’ opera e il suo creatore e la locuzione, di cui alla sentenza Painer, «creazione intellettuale dell’ autore che ne riflette la personalità»[111], dalla Corte riferita, coerentemente con l’ impostazione tradizionale, al carattere «originale» dell’ opera, potrebbe invece essere assunta come definizione di «opera creativa», quale risultato delle «scelte proprie e «arbitrarie» del suo autore.

5. Evidenziare gli elementi di discontinuità tra il concetto di creatività e quello di originalità può costituire in definitiva il presupposto per elaborare una proposta di «ampliamento» della tutela autorale anche alle opere dell’ AI, che però non neghi la dimensione umanista ad essa riconosciuta, nel nostro come in altri ordinamenti, ma anzi la arricchisca di un ulteriore elemento di valutazione.

Si tratterebbe di intendere il diritto d’ autore, tradizionalmente «presentato come una universalità, un insieme unitario»[112],  quale normativa capace di inglobare un ampio spettro di soluzioni operative – già vigenti per alcune delle diverse declinazioni di opere intellettuali tipizzate dalla l.d.a. (ad es. le opere collettive, composte, in comunione, le banche dati e i software) – applicabili in maniera modulabile e scalabile a seconda degli interessi da perseguire nel caso concreto, tuttavia ancorandosi ad indici definiti in senso quanto più oggettivo possibile.

La differenziazione tra i vari regimi sarebbe da farsi in base al contenuto e all’ incidenza dell’ intervento umano nel processo di produzione dell’ opera, da valutarsi a sua volta sulla scia della maggiore o minore automaticità dei sistemi di AI e, in particolare, tra questi, dei modelli di machine learning.

A seconda della natura creativa o meno dell’ apporto umano, si potrebbe, infatti, giungere a distinguere tra (i) opere che sono «solo» originali – ovvero che, a causa della scarsa incidenza dell’ intervento umano nel processo di creazione, non sono ricollegabili a una persona fisica o comunque non riflettono, in quanto tali, la personalità di alcun autore – e (ii) opere che sono (non solo originali ma anche) creative – ovvero che, per le modalità concrete con cui si è esplicato il processo, riescono comunque ad assurgere ad espressione dell’ author’ s own intellectual creation.

La valutazione della sussistenza in questi termini di uno o di entrambi i criteri di accesso alla normativa autorale andrebbe effettuata in sede giudiziaria: in particolare, in virtù del principio enunciato all’ art. 2697 c.c., secondo cui «chi intende far valere un diritto in giudizio ha l’ onere di provare i fatti costitutivi del medesimo diritto azionato»[113], l’ attore (di solito, l’ autore stesso che lamenta la lesione dei suoi diritti di esclusiva) sarebbe tenuto a dimostrare prima di tutto se l’ opera è originale e poi, se del caso, che la stessa è anche creativa.

Dal canto suo, il giudice chiamato a pronunciarsi dovrebbe verificare innanzitutto che l’ opera sia effettivamente proteggibile, in quanto originale («nuova nella forma»), «espressione compiuta» di un’ idea. 

Un indice che potrebbe prendere in considerazione a tal fine, come suggerito oltralpe, sarebbe «la valeur reconnue à l’ œuvre par le public»[114]. Ulteriori criteri in tal senso potrebbero essere, con gli opportuni adattamenti, quelli offerti da altri campi della proprietà intellettuale, che con le opere dell’ AI condividono in genere un’ applicazione spesso industriale. Ci si riferisce, in particolare, allo «stato della tecnica», alla «non evidenza»[115], all’ «impressione comune» e alla «persona esperta nel ramo». 

L’ originalità erediterebbe così il ruolo, tradizionalmente ricoperto dalla creatività, di porre una linea di demarcazione tra le opere suscettibili della protezione monopolistica autorale e quelle non tutelabili in tal senso.

Solo successivamente, il giudice potrebbe procedere a esaminare, su istanza di parte, anche l’ eventuale sussistenza dell’ elemento della creatività. A tal fine dovrebbe avere riguardo all’ intero processo che ha portato all’ esistenza dell’ opera e tenere a mente di valutare non tanto l’ autonomia dello strumento usato, quanto la libertà delle scelte poste in essere dalla persona fisica che è dietro al processo e il fatto che le stesse si riflettano o meno sull’ opera.

Da un punto di vista operativo, la dimostrazione di entrambi i requisiti potrebbe garantire all’ opera – in quanto espressione di un diritto della personalità del suo autore – una protezione «più forte» di quella accordabile ad una creazione di cui si dimostra il solo carattere originale: ad esempio, nel bilanciamento con altri diritti fondamentali che il giudice sarebbe chiamato ad effettuare nei singoli casi concreti[116], le istanze dell’ autore dell’ opera creativa – essendo essa estrinsecazione di una libertà di espressione artistica oltre che di un diritto all’ identità personale – potrebbero essere considerate più facilmente preponderanti rispetto agli altri interessi in gioco.


[1] Oppure, nelle citazioni delle fonti normative europee nelle loro traduzioni ufficiali, anche «IA».

[2] Per una panoramica in tal senso, si veda il report del Conseil Supérieur de la propriété littéraire et artistique (CSPLA) : A. Bensamoun, J. Farchy e P.F. Schira, Mission du CSPLA sur les enjeux juridiques et économiques de l’ intelligence artificielle dans les secteurs de la création culturelle, 2020, in www.culture.gouv.fr.

[3] A. Bensamoun, J. Farchy e P.F. Schira, Mission, o.l.c., p. 25.

[4] Per avere una misura dell’ importanza economica di un simile settore, si noti che, nell’ ottobre 2018, la casa d’ aste CHRISTIE’ S ha venduto un dipinto, intitolato Edmond de Belamy, creato da un software IA per ben $ 432.500,00 (cfr. le Guidelines dello Study Question AIPPI, Copyright in artificially generated works, 2019, in www.aippi.org).

[5] Emblematica è la vicenda di DABUS, AI creata dall’ ing. Thaler, che ha generato due prodotti di cui negli ultimi anni l’ ing. Thaler stesso ha chiesto la tutela come invenzioni, presentando domanda in diversi Uffici Brevetti del mondo. In alcuni di essi, le domande sono ancora pendenti, mentre uffici come lo European Patent Office (EPO) si sono già pronunciati nel senso di escludere la qualifica di inventore in capo all’ AI DABUS. Per una panoramica sullo status delle diverse domande e appelli contro le decisioni già adottate, cfr. https://artificialinventor.com/patent-applications/.

[6] Cfr. T. Hu, The Big IP Questions Artificial Intelligence Art Is Raising, 2023, in https://www.law360.com/articles/1565929

[7] Si permetta il rinvio a G.M. Riccio e F. Rotolo, La tutela in Italia delle opere dell’ ingegno create dall’ intelligenza artificiale: la necessità di un’ analisi in chiave prospettica, in B. Pasa (a cura di), Design e innovazione digitale. Dialogo interdisciplinare per un ripensamento delle tutele, Comparative Art Law – Diritto comparato dell’ arte, Napoli, 2021.

[8] Inoltre, «Il mancato riconoscimento di tutela alle opere prodotte dall’ intelligenza artificiale rischierebbe poi di scoraggiare gli investimenti in questi progetti, stante la mancanza di introiti derivanti dai diritti patrimoniali quale ricompensa per l’ attività creativa dell’ autore. La commercializzazione di un prodotto simile richiede ingenti costi e investimenti finanziari, che in assenza di un vantaggio economico derivante dallo sfruttamento dei diritti di privativa autorale, non sarebbero sostenibili», cfr. F. Ferretti, Intelligenza artificiale e diritto d’ autore: quale tutela per il robot creatore?, 2022, in www.dirittomodaearti.it.

[9]Tra i tanti, cfr. J. Drexl et al., Artificial Intelligence and Intellectual Property Law, Position Statement of the Max Planck Institute for Innovation and Competition, 2021, in https://ssrn.com/abstract=3822924 , p. 5.

[10] Si veda a tal proposito soprattutto la letteratura tedesca sul tema.

[11] Il termine è usato, con riferimento all’ originalità, in A. Bensamoun, J. Farchy e P.F. Schira, Mission, cit.

[12]« (…) se rejoignent souvent dans la mesure où on mélange la définition de l’ objet du droit d’ auteur (l’ œuvre), son caractère protégeable (l’ originalité), son sujet (l’ auteur) et même parfois son titulaire»), cfr. A. Bensamoun, J. Farchy e P.F. Schira, Mission, cit., p. 27, traduzione dell’ autore.

[13] All’ art. 1, comma 1, si specifica solo che oggetto della tutela autorale sono «le opere dell’ ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’ architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione» e pressoché identica formulazione è adottata, inoltre, dall’ art. 2575 del Codice civile[13]. L’ elenco di cui all’ art. 2 l.d.a., ove, di fianco alle opere drammatiche, scientifiche, fotografiche, della scultura, della pittura, ecc., sono indicati anche i programmi per elaboratore, le banche dati e le opere di disegno industriale, è oramai considerato dalla dottrina maggioritaria un elenco non tassativo. 

[14] Ad esempio, nel percorso di progressiva definizione del concetto di opere dell’ ingegno, fondamentale è stata la funzione della Corte di Giustizia dell’ UE, che gradualmente – soprattutto a partire dall’ adozione del Trattato di Lisbona – ha costruito un microsistema di regole in materia di diritto d’ autore, in grado di influenzare le decisioni dei giudici nazionali degli Stati Membri dell’ UE (Cfr., sul punto, G.M. Riccio, The Influence of the Court of Justice of the European Union on National Courts in Copyright Cases, in O. Pollicino, G.M. Riccio e M. Bassini (a cura di), Copyright and Fundamental Rights in the Digital Age. A Comparative Analysis in Search of a Common Constitutional Ground, Northampton, 2020, p. 155 e ss).

[15] Si veda R. Pardolesi e R. Romano, La concorrenza e la tutela dell’ innovazione, in N. Lipari e P. Rescigno (a cura di), Diritto civile, Milano,2009, p. 117. Posto che elemento necessario e sufficiente per l’ insorgere della tutela autoriale è l’ «espressione» di un’ idea (cfr. sul punto R. Mongillo, Opere dell’ ingegno, idee ispiratrici e diritto d’ autore, Napoli, 2015, pp. 1 ss.) e che non sono richiesti pre-requisiti per le opere dell’ ingegno, la creatività/originalità e la novità potrebbero essere intese al più come parametri di valutazione delle stesse, quale – appunto – filtro di accesso alla tutela.

[16] C. giustizia UE, 1 dicembre 2011, causa C ‑ 145/10, Eva-Maria Painer c. Standard VerlagsGmbH e altri.

[17] C. giustizia UE, 13 Novembre 2018, causa C-310/17, Levola Hengelo BV v Smilde Foods BV.

[18] G.M. Riccio, The Influence, cit., p. 174

[19] Cfr. sul punto L.C. Ubertazzi, Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, Padova, 2016, p. 1461 e ss..

[20] Cfr. art. 1 della L. n. 633/1941, Legge sul diritto d’ autore.

[21] Per avere un’ idea sul punto, cfr. L.C. Ubertazzi, Commentario, cit., specificatamente nel commento agli artt. 1 e due della L. 22 aprile 1941, n. 633.

[22] Si veda, a titolo di esempio, P. Fabbio, Opere protette e requisiti di tutela nel diritto d’ autore UE, in AIDA. Annali italiani del diritto d’ autore, della cultura e dello spettacolo, 2016, p. 281 ss.

[23] C. giustizia UE, 1 dicembre 2011, causa C ‑ 145/10, Eva-Maria Painer c. Standard VerlagsGmbH e altri, cit., par. 88; cfr. anche C. giustizia UE, 16 luglio 2009, causa C – 5/08, Infopaq International A/S c. Danske Dagblades Forening, cit., (Racc. pag. I‑6569, punto 35). Contra, cfr. C. giustizia UE, 4 ottobre 2011, cause riunite C‑403/08 e C‑429/08, Football Association Premier League e a., punto 98.

[24] C. giustizia UE, 1 dicembre 2011, causa C ‑ 145/10, Eva-Maria Painer c. Standard VerlagsGmbH e altri, par. 87 e ss..

[25] «All’ interno di un numero sufficientemente ampio di varianti», cfr. Trib. Milano, 16 febbraio 2012, in AIDA. Annali italiani del diritto d’ autore, della cultura e dello spettacolo, 2013, p. 985.

[26] L.C. Ubertazzi, Commentario, cit., p. 1467.

[27] C. giustizia UE, 16 luglio 2009, causa C – 5/08, Infopaq International A/S c. Danske Dagblades Forening, cit., par. 45: nel caso di specie, la questione verteva sulla riconducibilità o meno nell’ alveo delle opere tutelabili di un estratto di articolo di stampa pari a sole 11 parole consecutive, quale «riproduzione parziale» ai sensi dell’ art. 2 della direttiva n. 2001/29.

[28] Cfr., per quanto riguarda la giurisprudenza statunitense, l’ Opinion of the Court della sentenza Burrow-Giles Lithographic Co. v. Sarony, 111, U.S. 53, in cui si afferma che tali scelte compositive di un ritratto realizzato possono essere desunte dalle sue stesse caratteristiche.

[29] L.C. Ubertazzi, Commentario, cit., nel commento agli artt. da 64-quinquies a 64-sexies della L. 22 aprile 1941, n. 633, p. 1690.

[30] App. Milano, Sezione IP, 30 agosto 2010, Universal Music Italia s.r.l. c. Première Music s.a.r.l., Cywie, Rivière, Abramo Allione, Edizioni Musicali s.r.l., Montagné e Barbelivien, in AIDA, Annali italiani del diritto d’ autore, della cultura e dello spettacolo, 2011, Repertorio I.2.4.

[31] Con riferimento ad una banca dati costituita da informazioni relative alla disponibilità e ai prezzi di voli aerei, cfr.  Trib. Milano, 4 giugno 2013, in www.iusexplorer.it.

[32] L.C. Ubertazzi, Commentario, cit., nel commento all’ art. 1 della L. 22 aprile 1941, n. 633, p. 1468.

[33] Trib. di Roma, 5 giugno 2008, in AIDA, Annali italiani del diritto d’ autore, della cultura e dello spettacolo, 2010, p. 1330; Trib. di Milano, sent. 26 febbraio 1998, in AIDA, Annali italiani del diritto d’ autore, della cultura e dello spettacolo, 1998, p. 884.

[34] cfr. a titolo di esempio E. Piola Caselli, Codice del diritto d’ autore: commentario della nuova Legge 22 aprile 1941-19., n. 633 corredato dei lavori preparatori e di un indice analitico delle leggi interessanti la materia, Torino, 1943, p. 249.

[35] L.C. Ubertazzi, Commentario, cit., nel commento all’ art. 1 della L. 22 aprile 1941, n. 633, p. 1469. È quanto sembra evincersi altresì dal tenore della Cass., 28 novembre 2011, n. 25173, secondo cui «il carattere creativo e la novità dell’ opera sono elementi costitutivi del diritto d’ autore sull’ opera dell’ ingegno». Secondo questo orientamento, la tutela accordata dal diritto d’ autore costituirebbe, infatti, un «premio» che la collettività offre a chi arrechi ad essa un beneficio nuovo. In contrasto rispetto a tale impostazione c’ è quella di chi, invece, ritiene che il diritto d’ autore voglia in realtà premiare il lavoro creativo in quanto tale, a prescindere dall’ apporto di un quid novi alla collettività e che, dunque, sarebbe sufficiente a tal fine il requisito della creatività e della novità soggettiva (G. Oppo, Creazione ed esclusiva nel diritto industriale, in R. d. comm., 1964, p. 187 e ss.). Tuttavia, vi è anche chi considera la creatività oggettiva e la novità oggettiva come il riflesso di un requisito di protezione unitario che la dottrina avrebbe identificato per semplicità nella «creatività» o nel «carattere creativo», cfr. M. Bertani, Diritto d’ autore europeo, Torino, 2011, pp. 126 e ss. 

[36] Cass., 11 giugno 2018, n. 15158, in Foro it., 2018, p. 3111.

[37] Si tenga conto che i costi per accertare l’ esistenza di un’ anteriorità opponibile in assenza di un simile sistema sarebbero eccessivamente elevati, a fronte di benefici minimi: le ipotesi in cui più persone creano autonomamente una stessa opera sono estremamente rare e, quindi, chiunque affronterebbe il rischio di vedersi opporre un’ anteriorità, piuttosto che la spesa per ricercarla.

[38] L.C. Ubertazzi, Commentario, cit., nel commento all’ art. 1 della L. 22 aprile 1941, n. 633, p. 1462).

[39] Il riconoscimento di un’ opera intellettuale in quanto tale non passerebbe attraverso un giudizio sulla liceità dell’ opera: «diversamente dal passato, oggi si ritiene che per il diritto d’ autore la liceità dell’ opera non costituisca un requisito di tutela e che pertanto siano protette anche le creazioni contrarie a norme di legge, ordine pubblico e buon costume» (Cfr. E. Piola Caselli, Codice, cit., p. 184 e ss).

[40] Tra gli altri, M. Are, L’ oggetto del diritto d’ autore, p. 23 e ss. in in L.C. Ubertazzi, Commentario, cit, nonché ZENO-ZENCOVICH, Dir. Inf.90, pp. 79 e ss., in L.C. Ubertazzi, o.l.c., nel commento all’ art. 1 della L. 22 aprile 1941, n. 633, p. 1462.

[41] ASCARELLI, pp. 706 e ss.; ALGARDI, Il plagio letterario, pp.  398 e ss., in L.C. Ubertazzi, o.l.c.., nel commento all’ art. 1 della L. 22 aprile 1941, n. 633, p. 1471.

[42] G. Rossi, L’ intelligenza artificiale e la definizione di «opera dell’ ingegno», in AIDAAnnali italiani del diritto d’ autore, della cultura e dello spettacolo, 2019, p. 275.

[43] Non si può pretendere da un giudice, come da alcun giurista, di avere una comprensione sofisticata della musica, ad esempio (cfr. F. Macmillan, Il diritto d’ autore nell’ era digitale: verso il declino dell’ originalità dell’ opera?, 2020, in https://romatrepress.uniroma3.it/wp-content/uploads/2020/03/Il-diritto-d%E2%80%99autore-nell%E2%80%99era-digitale-verso-il-declino-dell%E2%80%99originalit%C3%A0-dell%E2%80%99opera.pdf).

[44] Per dirla con Eugène Pouillet[44]: «la loi érigera-telle le juge en professeur d’ esthétique, et le chargera-t-elle, comme un autre Paris, de décerner la pomme à la beauté? Mais, d’ abord, qu’ est-ce que la beauté? Où est-ce que commence le beau? Où est-ce qu’ il finit? » (cfr. E. Pouillet, Traité théorique et pratique des dessins et modèles de fabrique, 2, Parigi, 1884, p. X).

[45]Tali criteri sono considerati dalla dottrina prevalente come «inadequate or unworkable […] due to their very subjective nature» cfr. D. Inguanez, A Refined Approach to Originality in EU Copyright Law in Light of the ECJ’ s Recent Copyright/Design Cumulation Case Law, in IIC – International Review of Intellectual Property and Competition Law, 51, 2020, p. 799, in https://doi.org/10.1007/s40319-020-00962-7.

[46] Per avere un’ idea dell’ approccio sul tema adottato da vari ordinamenti nazionali, cfr. i Report redatti da oltre 30 Paesi di tutto il mondo sullo Study Question AIPPI, Copyright, cit.

[47] Il concetto di creatività/originalità sarebbe necessariamente da ricondursi all’ attitudine di un’ opera creativa di riflettere la personalità stessa del suo autore, cfr. J.B. Nordemann, AIPPI: No copyright protection for AI works without human input, but related rights remain, 2019, http://copyrightblog.kluweriplaw.com/2019/11/21/aippi-no-copyright-protection-for-ai-works-without-human-input-but-related-rights-remain/.

[48] Specificatamente, ai sensi dell’ art. 3, comma 1 della Direttiva 96/9/CE (c.d. Direttiva sulle banche dati), «A norma della presente direttiva, le banche di dati che per la scelta o la disposizione del materiale costituiscono una creazione dell’ ingegno propria del loro autore sono tutelate in quanto tali dal diritto d’ autore. Per stabilire se alle banche dati possa essere riconosciuta tale tutela non si applicano altri criteri»; il comma 3 dell’ art. 1 della Direttiva 2009/24/CE (c.d. Direttiva Software), sancisce invece che «un programma per elaboratore è tutelato se originale, ossia se è il risultato della creazione intellettuale dell’ autore. Per determinare il diritto alla tutela non sono presi in considerazione altri criteri» (cfr. art. 1, comma 3, della Direttiva 2009/24/CE (c.d. Direttiva Software).

[49] J.M. Deltorn e F. Macrez, Authorship in the Age of Machine learning and Artificial Intelligence, in S. M. O’ Connor (a cura di), The Oxford Handbook of Music Law and Policy, Oxford, 2019, Centre for International Intellectual Property Studies (CEIPI) Research Paper No. 2018-10, p. 8, richiamando quanto affermato da Sam Ricketson, professore emerito della  Melbourne Law School, in occasione della annual Manges Lecture della Columbia Law School del 1992 (S. Ricketson, People or Machines: The Berne Convention and the Changing Concept of Authorship, 16, in Columbia-VLA Journal of Law & the Arts, 1, 1991).

[50] cfr. art. 1 dello European Copyright Code (EPC) del Wittem Group, 2010, in https://www.ivir.nl/copyrightcode/, «Copyright subsists in a work, that is to say, any expression within the field of literature, art or science in so far as it constitutes its author’ s own intellectual creation. ».

[51] Report Italiano sullo Study Question AIPPI, Copyright, cit..

[52] Study Question AIPPI, o.l.c., p. 2.

[53] In effetti, anche all’ esito dei numerosi interventi legislativi in materia resi necessari dall’ evoluzione tecnologica degli ultimi decenni, l’ intera disciplina sul diritto d’ autore è comunque rimasta coerente rispetto ad un elemento di fondo: la necessaria sussistenza di un autore persona fisica a cui imputare un atto creativo. In una prospettiva di analisi eurounitaria, v. M. Kop, AI & Intellectual Property: Towards an Articulated Public Domain, in Texas Intellectual Property Law Journal (TIPLJ), vol. 28, n. 1, 2020, p. 304; Cfr. anche art. 2.1 dello European Copyright Code del Wittem Group, cit.. Così, anche A. Bensamoun, J. Farchy e P.F. Schira, Mission, cit..

[54] Cfr. art. 3 della Proposta di Regolamento Del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce regole armonizzate sull’ intelligenza artificiale (legge sull’ intelligenza artificiale) e modifica alcuni atti legislativi dell’ Unione del 21 aprile 2021, reperibile al link https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:52021PC0206

[55] Cfr. art. 3 della Risoluzione del Parlamento europeo del 20 ottobre 2020 recante raccomandazioni alla Commissione su un regime di responsabilità civile per l’ intelligenza artificiale (2020/2014(INL)), «Regime di responsabilità civile per l’ intelligenza artificiale», reperibile al link https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2020-0276_IT.html.

[56] A. Bensamoun, J. Farchy e P.F. Schira, Mission, cit., p. 26.

[57] Per quanto riguarda la dottrina francese, ad esempio, cfr. A. Bensamoun, J. Farchy e P.F. Schira, Mission, cit.

[58] J. Drexl et al., Artificial, cit.

[59] J. Drexl et al., o.l.c., p. 2

[60] J. Drexl et al., o.l.c., traduzione dell’ autore.

[61] Contra, con riferimento al campo delle invenzioni, cfr. G. Sanseverino, Ex machina. La novità e l’ originalità dell’ invenzione «prodotta» dall’ AI, AIDA. Annali italiani del diritto d’ autore, della cultura e dello spettacolo, 2019, pp. 6, 19.

[62] J. Drexl et al., Artificial, cit.

[63] J. Drexl et al., o.l.c.

[64] Con riferimento al campo delle invenzioni, cfr. G. Sanseverino, Ex machina, cit.

[65] In altre parole, i sistemi di AI modificano gli algoritmi man mano che ricevono più informazioni su quello che stanno elaborando (è il c.d. apprendimento automatico o machine learning);

[66] J. Drexl et al., Artificial, cit.

[67] Enciclopedia online Treccani, lemma «autonomia», https://www.treccani.it/enciclopedia/autonomia/

[68] Vocabolario online Treccani, lemma «automatico», https://www.treccani.it/vocabolario/automatico/

[69] Cfr. Cons. Stato, 25 novembre 2021, n. 7891, in Diritto di Internet, 1, 2022, con nota di G. Gallone, Il Consiglio di Stato marca la distinzione tra algoritmo, automazione ed intelligenza artificiale.

[70] Vocabolario online Treccani, lemma «automazione», https://www.treccani.it/vocabolario/automazione/

[71] L.C. Ubertazzi, Commentario, cit. nel commento all’ art. 1 della L. 22 aprile 1941, n. 633, p. 1464.

[72] cfr. R. Romano, L’  opera e l’ esemplare nel diritto della proprietà intellettuale, Padova, 2001.

[73] Dare una «forma» a delle idee ai sensi della normativa autorale ha significato sinora estrinsecare le stesse «nel mondo esteriore» in una struttura «che rechi l’ impronta di un’ elaborazione personale» (cfr. R. Mongillo, Opere, cit., p. 30).

[74] Peraltro, spesso il processo di elaborazione del software di AI è sconosciuto all’ uomo, a causa dell’ ormai noto fenomeno della black box.

[75] J. Drexl et al., Artificial, cit. 

[76] F. Ferretti, Intelligenza, cit..

[77] Cfr. Cons. Stato, 25 novembre 2021, n. 7891, cit., con nota di G. Gallone, Il Consiglio, cit.

[78] F. Ferretti, Intelligenza, cit.. 

[79] J. Drexl et al., Artificial, cit.

[80] Oggi, che il processo creativo (nel senso di «creazione dell’ opera» e non più di «espressione della personalità dell’ autore») è appannaggio dell’ AI, si può davvero dire che le idee (ad esempio, nella forma del set di dati immesso nell’ AI) siano state effettivamente espresse nel senso inteso dal diritto d’ autore?

[81] J. Drexl et al., Artificial, cit.

[82] Nel caso delle reti neurali artificiali, ad esempio, le funzioni contenute nei neuroni sono accessibili individualmente e hanno già di per sé un valore informativo indipendente (cfr. J. Drexl et al., Artificial, cit.), quasi fossero una «porzione» autonoma del risultato finale, dei «micro-output». Occorrerebbe forse indagare quale sia il valore giuridico di tali «micro-output», perché a seconda che si riconosca o meno una valenza giuridica a sé stante degli stessi, il momento dell’ attivazione della tutela autorale potrebbe mutare.

[83] J. Drexl et al., Artificial, cit.

[84] Così P. Greco e P. Vercellone, I diritti sulle opere dell’ ingegno, Torino, 1974, pp. 37 ss.

[85] F. Ferretti, Intelligenza, cit..

[86] Come rilevato supra, cfr. il considerando 8 della Direttiva Software (Direttiva n. 91/250/CEE) ai sensi del quale «per quanto riguarda i criteri da applicare per determinare se un programma per elaboratore costituisca o meno un’ opera originale, non dovrebbero essere valutati i meriti qualitativi o estetici del programma», nonché il considerando 16 della  Direttiva Database (Direttiva n. 96/9/CE), secondo cui «non dovranno essere applicati altri criteri diversi da quello di originalità, nel senso di creazione intellettuale, per stabilire se una banca di dati sia tutelabile o meno in base al diritto d’ autore, e in particolare non dovrà essere effettuata alcuna valutazione della qualità o del valore estetico della banca di dati».

[87] Si veda soprattutto, in tal senso, la giurisprudenza euro-unitaria già citata.

[88] Cass., 28 novembre 2011, n. 25173

[89] Cfr., a titolo esemplificativo, oltre alla sentenza in esame (Cass. 28 novembre 2011, n. 251739), Cass., 12 marzo 2004, n. 5089, nonché Cass., 13 novembre 2015, n. 23292 e Cass., 23 marzo 2017, n. 7477.

[90] cfr. a mero titolo di esempio, Cass. civ. Sez. I, Sent., 28-11-2011, n. 25173. A qualificare l’ originalità e la novità come due componenti della creatività è A. Sirotti Gaudenzi, Il nuovo diritto d’ autore, Santarcangelo di Romagna, 2016, p. 79

[91] «This definition of originality has embedded in it the notion of creativity» (cfr. A. Ramalho, Ex Machina, Ex Auctore? Machines that create and how EU copyright law views them, 2018 in www.copyrightblog.kluweriplaw.com).

[92] Cfr. Art. 10 l.d.a..

[93] Cfr. artt. 3 e 7 l.d.a.

[94] L’ esempio classico è dato dalle enciclopedie, ma oggi sono comprese in questa categoria anche i giornali e le riviste.

[95] L’ art. 3 fa, infatti, riferimento a «opere o di parti di opere, che hanno carattere di creazione autonoma».

[96] Con riferimento alle banche dati, cfr. A. Lucas, A. Lucas-Schloetter e C. Bernault, Traité de la propriété littéraire et artistique, Parigi, 2012, p. 141, « Sauf à forcer le sens des mots, on ne voit guère comment la personnalité d’ un auteur pourrait s’ exprimer dans la notice d’ utilisation d’ un espalier de porte, le texte d’ un brevet, un annuaire de téléphone ou des guides regroupant des renseignements administratifs ».

[97] L.C. Ubertazzi, Commentario, cit., p. 1656.

[98] «Rientrano nel catalogo delle opere dell’ ingegno e quindi nella tutela propriamente d’ autore solo le banche di dati dotate di creatività. Le banche di dati non creative non sono qualificabili come opere dell’ ingegno ma possono accedere alla diversa tutela di diritto connesso prevista dagli artt. 10-bis ss. l.a.» (L.C. Ubertazzi, Commentario, cit., p. 1690).

[99] Per una riflessione più ampia sul punto, si veda L.C. Ubertazzi, o.l.c., p. 1690.

[100] A. Bensamoun, J. Farchy e P.F. Schira, Mission, cit.

[101] A. Bensamoun, J. Farchy e P.F. Schira, Mission, cit., p. 35.

[102] Così, nel diritto francese, M. Vivant e J.-M. Bruguière, Droit d’ auteur et droits voisins, Parigi, 2019, n° 271.

[103] A. Bensamoun, J. Farchy e P.F. Schira, Mission, cit., p. 32.

[104] C. Supr. USA, Feist Publications v. Rural Telephone Service, 499 U.S. 340, 345 (1991).

[105] Qui, il richiamo alla creatività potrebbe spiegarsi con la considerazione che sinora non c’ è stata necessità di distinguere tra creatività e originalità.

[106] V. De Sanctis, La protezione Delle Opere Dell’ ingegno. Le opere letterarie e scientifiche, le opere musicali e le opere informatiche, vol. II, Milano, 2003, p. 572.

[107] Ancora una volta la «confusione» generata dalla sovrapponibilità di concetti che in realtà sono diversi tra loro (in questo caso, paternità dell’ opera e originalità) va letta alla luce della considerazione che sino ad ora non era stato necessario domandarsi sulla necessaria presenza di un autore persona fisica a monte del processo creativo o meno.

[108] F. Ferretti, Intelligenza, cit.

[109] Sul punto, si vedano le riflessioni di D. Inguanez, A Refined Approach, cit., p. 809.

[110] F. Ferretti, Intelligenza, cit.

[111] C. giustizia UE, 1 dicembre 2011, causa C ‑ 145/10, Eva-Maria Painer c. Standard VerlagsGmbH e altri, cit., par. 99.

[112] A. Bensamoun, Libre propos sur l’ existence d’ un droit de l’ oeuvre applicable aux créations issues de l’ intelligence artificielle, in J.M. Bruguière e C. Geiger, Penser le droit de la pensée. Mélanges en l’ honneur de Michel Vivant, 1ª ed., Parigi, 2020, p. 18.

[113] « (…) l’ attore è tenuto a dimostrare che l’ opera sia il risultato dell’ apporto personale dell’ autore, il quale abbia conferito all’ idea un’ autonoma espressione mediante la soggettiva elaborazione di elementi e informazioni esistenti» (in questo senso Cassazione Civile n. 4216/2015). Ciò si traduce nella necessità, per chi invoca la tutela d’ autore contro condotte plagiarie altrui, di fornire in giudizio la prova del requisito dell’ originalità della propria opera, dimostrando come l’ opera medesima sia il risultato creativo di proprie scelte individuali compiute tra un numero sufficientemente ampio di alternative (in tal senso, Tribunale di Milano, 29.9.2015).

[114] A. Bensamoun, J. Farchy e P.F. Schira, Mission, cit.

[115] Cfr. L.C. Ubertazzi, Commentario, cit., nel commento agli artt. 46 e 48 del CPI, p. 368 e ss.

[116] Ad es., nel test a cui è chiamato ai sensi dell’ art. 5, comma 5, della Direttiva 2001/29/CE.

Condividi