Enrico Damiani
Professore Ordinario di diritto civile dell’Università degli Studi di Macerata
Crypto art e non fungible token richiede di verificare se le attuali teorie reggano all’innovazione tecnologica che ha introdotto nella realtà degli scambi modalità di trasferimento delle creazioni artistiche digitali che necessitano di un notevole adattamento delle regole esistenti.
Crypto art and non-fungible tokens challenge the traditional legal theories. The latest technologies introduced, in fact, in the art market a new concept of digital artwork’ s circulation which requires a fast adjustment of existing legal rules.
Sommario: 1. Introduzione. – 2. Blockhain e mercato dell’ arte. – 3. Token tra arte e forma di investimento. – 4. La nuova frontiera della crypto art.
1. La natura delle opere d’ arte online sia native che “tokenizzate”, talvolta ricondotte nell’ ambito della categoria dei beni[1], richiede di verificare se le attuali teorie[2]reggano alla innovazione tecnologica che ha introdotto nella realtà degli scambi modalità di trasferimento delle creazioni artistiche digitali che necessitano di un notevole adattamento delle regole esistenti[3]. Un risalente orientamento dottrinale[4], infatti, ritiene possibile assimilare il concetto di proprietà[5] alle sole cose corporali[6] mentre tutte le entità prive di sostrato materiale che possono essere fatte oggetto di appropriazione in via esclusiva[7] non potrebbero essere ricondotte al diritto reale per eccellenza, pur potendo essere, in qualche modo, riconducibili nell’ ambito della categoria dei beni in senso giuridico.
In tale contesto ci si chiede quale situazione giuridica soggettiva possa allora competere ai titolari di opere artistiche prive di sostanza materiale, il che implica la necessità di una individuazione di massima della natura di esse[8] per poi procedere alla individuazione di un appropriato apparato di regole finalizzate alla loro tutela e alla loro circolazione[9].
Si rende infine necessario individuare, con riguardo alle opere realizzate direttamente dall’ Intelligenza Artificiale, quali regole siano richiamabili per la soluzione della questione inerente l’ attribuzione del diritto di autore, nella consapevolezza che presumibilmente non tutte le norme vigenti potranno trovare applicazione se non previo adattamento e in forza di una interpretazione evolutiva[10].
2. La tecnologia blockchain[11] è funzionalmente idonea ad essere utilizzata per la circolazione di opere artistiche e ciò grazie alle sue caratteristiche strutturali che garantiscono sicurezza e trasparenza delle informazioni registrate, funzionando nel contempo come database per il caricamento e la conservazione di dati sia come network per la loro condivisione con ogni utente che voglia accedere per effettuare una consultazione[12]. Può essere certamente adoperata come un registro nel quale iscrivere i diritti d’ autore relativi ad una determinata opera d’ arte. Essi saranno così immodificabili[13], e sarà possibile consultare tutti i passaggi di proprietà che l’ hanno già interessata[14].
Il realizzatore dell’ opera che registra la sua creazione riesce ad opporre a tutti i terzi il diritto morale e patrimoniale d’ autore, basandosi sulla certezza che la blockchain assicura come garanzia dell’ autenticità dell’ opera, e potrà anche seguirne la circolazione futura e avere conoscenza di tutte le vendite successive alla prima al fine di poter esercitare il suo diritto di seguito[15].
Il meccanismo di fissazione dei dati nella blockchain consente anche di evitare fenomeni come quello del double spending[16] e degli acquisti a non domino, rafforza il rispetto di vincoli negoziali che altrimenti potrebbero essere elusi facilmente e rende tutti gli atti dispositivi dell’ opera artistica[17] immediatamente visibili da chiunque faccia accesso alla piattaforma, in modo da ridurre il gap informativo tanto degli utenti quanto dello stesso autore dell’ opera il quale, effettivamente conscio dell’ andamento dei prezzi delle proprie creazioni sul mercato, potrà stabilire il valore della propria opera con piena consapevolezza[18].
I vantaggi che la blockchain apporta al mercato dell’ arte sono stati evidenziati anche dal legislatore europeo nella Risoluzione del Parlamento del 3 ottobre 2018, nella quale si evidenzia come la Distribued Ledger Technology possa agevolare la tutela dei diritti d’ autore e dei brevetti di “contenuti creativi digitalizzati”, permettendo il collegamento dei creatori alle loro creazioni e “migliorando così la sicurezza e la funzionalità nel contesto di un ecosistema di innovazione collaborativa e aperta”[19]; anche il legislatore italiano, con l’ art. 8-ter, d.l. 14 dicembre 2018, n. 135 (c.d. decreto semplificazioni, poi convertito dalla l. 11 febbraio 2019, n.12), ha definito la DLT e gli smart contract come sistemi in grado di difendere i dati caricati avverso qualsiasi tentativo di modifica o alterazione[20].
Ad esempio è in corso di elaborazione un progetto denominato “Monnalisa” che nasce da un accordo di collaborazione concluso dalla Fondazione del Notariato e dalla IBM[21] e che mira a costituire un polo tra notariato, tecnologia e ministero dei beni culturali finalizzato a digitalizzare e certificare in modo assoluto ed incontrovertibile tutte le opere d’ arte esistenti, i diritti su di esse costituiti e la loro circolazione, così da permettere alle case d’ asta, ai collezionisti e comunque a tutti i soggetti interessati all’ acquisto di un’ opera di conoscerne la provenienza e la storia[22].
L’ azienda svizzera ArtID ha utilizzato la blockchain per creare il Certificato Digitale delle opere d’ arte, il cui scopo è quello di attribuire all’ artista uno strumento che sia un “eccezionale riferimento per tutti i possessori delle sue opere” e che renda possibile “una dimostrazione di totale trasparenza”[23] mediante l’ inserimento nel sistema di tutte le informazioni inerenti l’ opera, quali ad esempio una riproduzione fotografica in alta risoluzione dell’ opera con allegata l’ autentica dell’ autore, tutta la documentazione concernente la sua eventuale archiviazione e le mostre nelle quali è stata esposta, gli stralci delle pubblicazioni di maggiore importanza nelle quali è stata citata e il tracciamento di tutti i passaggi di proprietà che l’ hanno vista protagonista.
Sulla stessa lunghezza d’ onda anche i fondatori della start-up milanese Art Rights che hanno voluto ideare un “passaporto dell’ opera d’ arte”, basato su “un sistema unico di convalida delle informazioni e del corredo documentale da parte di più professionisti a favore dell’ autenticità, provenance e due diligence, per dare maggiore fiducia al mercato. In completa privacy, sicurezza e valenza legale, la piattaforma utilizza tecnologie all’ avanguardia come la blockchain, per la validazione time stamp e l’ addestramento di una rete neurale di intelligenza artificiale finalizzata alla verifica di autenticità, l’ analisi di mercato e la gestione della collezione completa di un servizio ArtConcierge, in collaborazione con i principali player di servizi e mercato”.
Il sistema blockchain si dimostra dunque vantaggioso per superare quegli ostacoli che si incontrano nel corso degli scambi commerciali; in tal senso, il ricorso alla tecnologia blockchain non è rimasto un’ ipotesi ventilata dagli studiosi come possibile soluzione ad una serie di problemi che si verificano nella prassi, ma ha trovato importanti applicazioni pratiche: un esempio su tutti è l’ asta internazionale “An American Place. The Barney A. Ebsworth Collection”, tenuta dalla prestigiosa casa d’ aste Christie’ s; questo evento segna un netto punto di rottura rispetto al passato, poiché per la prima volta è stata utilizzata la tecnologia blockchain come mezzo di certificazione di un’ opera, vendendo per la cifra di 69 milioni di dollari la prima opera d’ arte digitale[24].
3. I token, rappresentativi di beni o diritti[25] permettono ai loro titolari di usufruire di piattaforme che supportano servizi e applicazioni, in modo da esercitare specifici diritti nel network interagendo con gli altri utenti.
La tecnologia blockchain consente di emettere token per la vendita di quote frazionate della proprietà di un’ opera d’ arte.
Naturalmente la tokenizzazione dei beni artistici non richiede il frazionamento fisico dell’ opera, che resta perfettamente integra, ma la sua rappresentazione digitale fatta di codici e cifre.
L’ opera “14 Small Electric Chairs” di Andy Warhol, avente valore di 5,6 mln di dollari è stata digitalizzata e alcuni token, rappresentativi di frazioni di essa, sono stati venduti a più di 800 partecipanti tramite un’ asta basata su uno smart contract[26], e sono stati raccolti 1,7 milioni di dollari equivalenti al 31,5% del valore totale dell’ opera.
Così i beni artistici non sono più di esclusivo interesse dei collezionisti, dei musei o delle case d’ asta, ma anche dei fondi di investimento[27].
Il che pone un problema di individuazione della natura dei token: beni (ancorché cripto-beni) o servizi di investimento?
In un recente contributo autorevole dottrina[28], in un’ ottica comparatistica, ha approfondito la questione della natura dei diritti sui beni immateriali individuando due diverse concezioni: quella anglo-americana, fatta propria dalla dottrina internazionalprivatistica, che li riconduce alla “intellectual property” come “proprietà immateriale” alla luce dei profili di assolutezza e di opponibilità erga omnes che li denota[29] in contrapposizione ai diritti di credito e quella classica, della dottrina italiana[30], la quale escludendo che i diritti reali potessero avere per oggetto un bene immateriale, concludeva per ricondurre i diritti sulle opere dell’ ingegno nell’ ambito del diritto della concorrenza e del mercato[31], conservando comunque il carattere della esclusività, tipico dei diritti reali.
Non potendo in questa sede approfondire ulteriormente la questione, accentuando il profilo relativo all’ investimento da parte degli acquirenti dei token, non si può escludere la possibilità di configurare questi ultimi, almeno in alcuni casi, come una sorta di “prodotti finanziari”[32].
Ma non si esaurisce qui la problematica concernente la natura giuridica dei non fungible tokens. Si possono immaginare diverse ipotesi:
A) essi possono essere ricondotti nella nozione di beni (art. 810 c.c.)[33] ed in tal caso formare oggetto di proprietà[34] o altro diritto reale (con l’ inerente applicazione delle regole della comunione ex art. 1100 ss. c.c. nell’ ipotesi di appartenenza ad una pluralità di soggetti);
B) possono essere qualificati come fattispecie negoziali complesse rappresentative di diritti di credito e/o reali[35];
C) nella ipotesi in cui essi possano essere descritti come asset tokens[36] (o security tokens) è possibile ricondurli tra i “titoli di credito”[37]: ossia evoluzioni in chiave tecnologica dei titoli rappresentativi di merci (art. 1996 c.c.) o delle fedi di deposito (art. 1790 c.c.).
Se anche si qualificassero i NFT come beni (mobili) immateriali resterebbe impregiudicata la questione relativa alla qualificazione giuridica della relativa situazione di appartenenza: della proprietà sarebbe inapplicabile la disciplina relativa alla doppia alienazione e al possesso[38] vale titolo, inoltre varrebbe per la loro circolazione un regime di “pubblicità (dichiarativa) di soft law” essendo necessario che ogni passaggio risulti tramite Blockchain e condiviso quindi da tutti gli utenti del distribuited ledger.
Gli utenti che acquistano tramite token la “proprietà” frazionata di opere d’ arte hanno la possibilità di crearsi un portfolio artistico diversificato, che altrimenti rientrerebbe nelle possibilità di un numero minimo di acquirenti: si parla a tal proposito di “democratizzazione”[39] dell’ arte: non solo “i ricchi potranno così avere accesso al mercato dell’ arte[40].
La blockchain potrebbe essere utilizzata per porre rimedio alla situazione di sottoutilizzo[41] del nostro patrimonio artistico[42] e potrebbe consentire lo sviluppo di un piano di tutela, conservazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare culturale italiano totalmente digitalizzato e distribuito[43].
Il ricorso alla tokenizzazione dei beni artistici pone però dei rischi[44], legati principalmente alla possibilità che si speculi sull’ opera, al venir meno della connessione diretta dello spettatore con l’ arte in ragione della fruizione dell’ opera in modalità digitale, alla difficoltà di esercitare un effettivo controllo sui singoli nodi (miners) della blockchain e alla complessità dell’ inquadramento del fenomeno in un modello rigido; un ulteriore elemento di difficoltà ed incertezza è il fatto che ben pochi paesi si sono dotati di una normativa unitaria in tema di DLT e, in particolare, in materia di emissione e circolazione dei token attraverso protocolli blockchain[45]; tra gli stati europei sono rilevabili orientamenti contrapposti e tendenzialmente meno permissivi rispetto a quello americano, dove i token sono regolamentati come strumenti finanziari, ma il legislatore italiano ha dato prova di essere favorevole alla trattazione delle nuove tecnologie nell’ ottica di addivenire ad una produzione normativa ad hoc, che non ostacoli né rallenti il progresso tecnologico – palesemente vantaggioso per l’ economia e lo sviluppo e che si verifica in una dimensione soggetta a cambiamenti estremamente rapidi- , ma che si assicuri al tempo stesso che l’ ambito applicazione dei sistemi basati sulle DLT sia ricompreso nella sfera della legislazione positiva.
4. Grazie alla blockchain e al fenomeno della tokenizzazione è ormai possibile commercializzare[46] anche le opere native digitali[47], come nel caso delle opere Cryptopunk[48] e Cryptokitties[49], che sono state trasferite mediante blockchain in modo tale da garantire al compratore l’ effettività dell’ acquisto, o dell’ opera “Forever Rose”[50] ideata dall’ artista Kevin Abosh, in collaborazione con la piattaforma Gifto, per l’ acquisto e lo scambio di regali virtuali mediante un sistema fondato sull’ utilizzo combinato della blockchain e degli smart contracts, o del dipinto “Ritratto di Edmond de Belamy”[51], elaborato da un algoritmo e venduto dalla casa d’ asta Christie’ s per la cifra di 432.500 dollari.
I token legati alla cryptoart[52], detti “NFT- Not Fungible Tokens”, sono codici crittografici – equivalenti alla firma dell’ artista- non interscambiabili, idonei a rappresentare un bene unico attestandone la provenienza e cristallizzando l’ informazione nel registro blockchain, potendo determinarne così il valore commerciale[53]. Gli NFT non sono direttamente scambiabili con altri virtual asset in funzione della loro unicità: essa dipende dai metadati contenuti nei token, dai quali derivano tutte le peculiari caratteristiche inerenti origine, numero di cloni prodotti e dimensioni[54].
Lo scambio di NFT rappresenta un trend in costante crescita tra i collezionisti, attirati tanto dalle caratteristiche di unicità e incorruttibilità e dalla facilità di scambio dei tokens, che dall’ assenza di veri e propri ostacoli alla rivalutazione delle opere e alla possibilità di evitare i controlli tipici dell’ arte tradizionale[55].
La possibilità di commercializzare forme di crypto art non deve necessariamente riguardare le sole opere già venute alla luce: non è surreale ipotizzare che l’ artista, per finanziare il proprio lavoro, possa cercare di raccogliere liquidità ricorrendo ad un meccanismo simile al crowdfunding e al fenomeno delle initial coin offering, emettendo e alienando copyright tokens[56] rappresentativi di una quota del diritto d’ autore avente ad oggetto l’ opera ancora da creare, e d’ altro canto tale evenienza è più che possibile dal momento che l’ autore non sta facendo altro che disporre del proprio diritto su un’ opera futura (purché determinata o determinabile), secondo quanto previsto dall’ art. 120 della Legge sul diritto d’ autore e più in generale dall’ art. 1346 c.c.
Sono emerse però delle perplessità riferite principalmente alle modalità di tutela degli acquirenti nelle ipotesi in cui l’ opera non dovesse mai nascere o l’ emissione di nuovi token comportasse un aumento di quelli già in circolazione[57]; tra le soluzioni proposte vi è quella di considerare i token non come attributivi di frazioni del diritto di proprietà dell’ opera, ma di alcune delle revenues provenienti dallo sfruttamento di tale diritto. Tale qualificazione dei token non ha però riscosso unanime successo tra gli esperti della materia, poiché è stato altresì considerato che una simile ricostruzione della natura dei copyright tokens potrebbe assimilare il loro acquisto ad un investimento, con il risultato di dover applicare la relativa disciplina finanziaria[58].
Tra le opere più sensazionali realizzate nella forma di crypto art vi è il dipinto “The next Rembrandt”, quadro esposto nell’ aprile 2016 alla Galerie Looiersgracht60 di Amsterdam e premiato sedici volte a Cannes nel campo dell’ innovazione tecnologica, è stato realizzato grazie alla collaborazione di Microsoft, ING, Università tecnica di Delft e altre realtà; le parti hanno voluto utilizzare le nuove tecnologie per rispondere ad una domanda: è possibile riportare indietro il maestro Rembrandt per fargli dipingere un ultimo quadro?[59].
Per fare ciò, gli operatori hanno per prima cosa proceduto ad un complesso studio delle tele del pittore e alla raccolta di dati mediante la scansione 3D e grazie anche un deep learning algorithm, che ha permesso di creare un ricco database[60]contenente tutte le informazioni estrapolate dai dipinti esaminati; raccolti i dati necessari, i programmatori hanno poi analizzato la demografia delle facce raffigurate concentrandosi su elementi quali genere, età e direzione del volto e, grazie dell’ analisi statistica, sono stati in grado di mettere in rilievo quei dettagli che più di altri caratterizzano le opere di Rembrandt e permettono di distinguerle da quelle di altri artisti che a lui si sono ispirati. A seguito di queste valutazioni, gli studiosi sono arrivati alla conclusione che il protagonista di “The next Rembrandt” sarebbe dovuto essere un maschio caucasico tra i 30 e i 40 anni, vestito di nero con un collare bianco ed un cappello in testa, con lo sguardo orientato verso destra[61]. Successivamente dai quadri dipinti da Rembrandt sono stati estrapolati solo i dati correlati all’ identikit nel protagonista dell’ opera in gestazione, andando a paragonare i singoli lineamenti e stabilendone le proporzioni con precisione assoluta, grazie al ricorso ad un apposito algoritmo. Da ultimo, l’ immagine è stata stampata più e più volte tramite una stampante 3D, per far sì che la stratificazione conferisse al dipinto finale una particolare texture.
Il risultato ottenuto della collaborazione tra realtà aziendali e universitarie, che ha dato alla luce un’ opera unica nel suo genere, è senz’ altro eccezionale, ma non si può non riconoscere che “The next Rembrandt”, come qualsiasi opera nativa digitale, pone delle questioni sotto il profilo giuridico, quali la difficoltà di determinare l’ autore dell’ opera, titolare del diritto d’ autore, nelle ipotesi in cui la creazione sia stata resa possibile dall’ attività di un’ intelligenza artificiale.
Guardando all’ esempio specifico di “The next Rembrandt” (che può essere preso come modello per tutti i frutti della cripto art) gli sviluppatori non hanno fatto altro che progettare l’ intelligenza artificiale in grado di analizzare i dipinti di Rembrandt e crearne uno digitale a sua immagine e somiglianza; Microsoft, definendo l’ opera come “visualizzazione di dati in una nuova forma creativa e meravigliosa” [62], considera integrato il requisito della creatività che caratterizza tutte le opere dell’ ingegno. Non si pone alcuna perplessità sul fatto che un’ opera creativa sia oggetto del diritto d’ autore, ma risulta controversa la questione dell’ attribuzione della titolarità dell’ opera, per poter esercitare il richiamato diritto: in termini più riduttivi, la domanda è chi debba essere considerato l’ autore dell’ opera[63].
Autorevole dottrina esclude che il programmatore, che ha scritto il codice del computer dandogli “le disposizioni necessarie per funzionare”[64]possa essere ritenuto l’ autore, perché pur avendo fondato i presupposti per pervenire il risultato finale non è stato lui a realizzare l’ opera[65].
Sembra che nemmeno colui che ha fornito le indicazioni per permettere al computer di funzionare e giungere alla realizzazione dell’ opera possa essere qualificato come autore[66], poiché questo parametro non potrebbe applicarsi in modo eguale a tutte le artificial intelligencies, in ragione della maggiore autonomia che alcune hanno rispetto ad altre, fino ad arrivare ad alcune di esse così indipendenti nella presa di decisioni al punto, di non essere più in grado di identificare alcun soggetto fisico in grado di ricoprire tale ruolo.
Alla luce di quanto appena affermato l’ unico soggetto che appare compatibile con il ruolo di autore dell’ opera sembra l’ utilizzatore[67]: infatti, a prescindere da quanto sia indipendente l’ intelligenza artificiale presa in considerazione di volta in volta, c’ è sempre un utilizzatore, colui che preme il comando necessario per raggiungere il risultato finale, e che probabilmente sarà anche il proprietario del computer o, comunque, il titolare di una regolare licenza d’ uso.
Quest’ ultima sarà con ogni probabilità la soluzione che verrà adottata anche dal legislatore europeo, nonostante al momento non si possa dire con certezza, data l’ assenza di una normativa ad hoc.
Stante quanto sinora analizzato, appare manifesto come la crypto art ponga molti quesiti giuridici, di difficile risoluzione data “la nazionalità del diritto, contrapposta al carattere universale della tecnologia”[68]. A questo riguardo l’ unico a poter trovare una soluzione uniforme è esclusivamente il legislatore, del quale si auspica un intervento uniformante che effettui un “contemperamento di interessi tra l’ esigenza di un rapido adeguamento delle leggi all’ evoluzione tecnologica e l’ esigenza della loro necessaria certezza e stabilità, a tutela di tutti i soggetti coinvolti”[69].
[1] Molto interessanti sono le osservazioni svolte da A. Gambaro, Ontologia dei beni e jus excludendum, in http://www.comparazionedirittocivile.it/prova/files/rav_gambaro_ontologia.pdf, p. 1 ss. e quelle di M. Giuliano, Le risorse digitali nel paradigma dell’ art. 810 cod. civ. ai tempi della blockchain, in Nuova giur. civ. comm., 2021, p. 1214 ss.; in precedenza il tema era stato in parte toccato da I. Garaci, Lo statuto giuridico dei «nuovi beni» immateriali: fra proprietà privata e beni comuni. Riflessioni su recenti interventi giurisprudenziali e normativi, in Rass. dir. civ., 2015, p. 434 ss. la quale muove le sue riflessioni dai cd. “beni comuni” che essendo funzionali al soddisfacimento di interessi fondamentali della persona dovrebbero essere sottratti “alla logica dell’ appropriazione esclusiva e della circolazione tipica del mercato concorrenziale”.
[2] A. Zoppini, Le “nuove proprietà” nella trasmissione ereditaria della ricchezza (note a margine della teoria dei beni), in Riv. dir. civ., 2000, I, p. 191 accenna ad una crisi della teoria dei beni.
[3] A. Falzea, Dogmatica giuridica e diritti civili, in Riv. dir. civ., 1990, I, p. 772 s. proponeva di mettere in discussione la dogmatica giuridica perché i nuovi concetti e le categorie generali del diritto potessero essere aderenti ai valori giuridici della contemporaneità alla luce dei plurimi interessi dell’ essere umano.
[4] B. Biondi, I beni, in Tratt. di Dir. Civ. It. da F. Vassalli, II ed., Torino, 1956, p. 15 ss. riteneva sostanzialmente equivalenti i termini “bene” e “cosa” affermando che bene giuridico è qualsiasi entità materiale o ideale giuridicamente rilevante.
[5] Autorevole dottrina, alla luce dei principi costituzionali, ha ben evidenziato come la proprietà possa essere valorizzata come relazione giuridica in cui evidenziare la centralità del ruolo degli essere umani. Vedasi al riguardo: P. Perlingieri, Introduzione alla problematica della proprietà, Napoli 1971, p. 38 ss. e di recente G. Carapezza Figlia, G. Frezza, P. Virgadamo (a cura di), A 50 anni dalla «Introduzione alla problematica della proprietà» di Pietro Perlingieri,Napoli, 2021. Un altro orientamento (P. Barcellona, Diritto privato e società moderna, Napoli, 1996, p. 229 ss.) considera beni in senso giuridico solo le cose che abbiano una loro patrimonialità o negozialità. Secondo D. Messinetti, Oggetto dei diritti, in Enc. Del dir., XXIX, Milano, 1979, p. 815 ss. ritiene che il concetto di “cosa” in senso giuridico rappresenta porzioni della realtà naturale, comprensive anche di entità immateriali suscettibili di godimento in forma esclusiva, mentre quello di “bene” concernerebbe le cose insuscettibili di godimento e appropriazione in forma esclusiva.
[6] U. Natoli, La proprietà. Appunti dalle lezioni, I, Milano, 1965, p. 81. In senso opposto si vedano: V. Zeno Zenchovic, Cosa, in Dig. Disc. Priv. (sez. civ.), IV, Torino, 1989, p. 443; D. Messinetti, Oggetto dei diritti, in Enc. dir., XXIX, Milano 1979, p. 815.
[7] Si veda I. Garaci, op. cit., p. 438; non mancano però al riguardo delle voci critiche: O.T. Scozzafava, I beni e le forme giuridiche di appartenenza, Milano, 1982, p. 164 ss.; D. Messinetti, op. cit., p. 812 ss.
[8] F. Piraino, Sulla nozione di bene generico in diritto privato, in Riv. crit. dir. priv., 2012, p. 470 ss. evidenzia come il concetto di “bene” formale e statico si presti facilmente alla individuazione di una teoria utile alla individuazione del concetto di oggetto del diritto, superando quelle concezioni tradizionali che ancoravano necessariamente la “cosa” ai requisiti della corporeità, utilità e patrimonialità.
[9] M. Giuliano, op. cit., p. 1215 parla giustamente di “nuove entità e forme appropriative del tutto nuove”.
[10] Mi sia consentito al riguardo il rinvio e E. Damiani, Trasformazione digitale ed evoluzione dell’ interpretazione giuridica, in Tecnologie e diritto, 2021, p. 13 ss.
[11] Sulla Blockchain si veda la recentissima voce di P. Matera – A. Benicampi, Blockchain, in Dig. Disc. Priv. – sez. Comm., (Aggiornamento IX), diretto da Rodolfo Sacco, a cura di S. Bellomo, M. Cian, G. Ferri jr e D.U. Santosuosso, Milano, 2022, p. 23 ss.; P. Carrière, La “cripto-arte” e i non-fungible tokens (NFTs): tentativi di inquadramento giuridico, in http://www.dirittobancario.it/approfondimenti/fintech/la-cripto-arte-e-i-non-fungible-tokens-nfts-tentativi-di-inquadramento-giuridico, 2.8.2021; S. Morabito, L’ applicabilità della Blockchain nel diritto dell’ arte, in BusinessJuss, consultabile sul sito https://www.businessjus.com/wp-content/uploads/2018/07/180709-Lapplicabilita%CC%80-della-blockchain-nel-diritto-dellarte.pdf , 2018, p. 2.
[12] V. C. Sandei, Blockchain e sistema autorale: analisi di una relazione complessa per una proposta metodologica, in Nuove leggi civ. com., n. 01/2021, p. 194 e ss.
[13] Tale immutabilità è data dal ricorso alla prova crittografica, che garantisce la sicurezza e l’ irreversibilità delle operazioni grazie all’ impiego simultaneo di chiavi asimmetriche di cifratura, i marche temporali (finalizzate alla tenuta in ordine cronologico di tutti i dati) e funzioni di hash, che operano alla stregua di una “ traccia informatica “ e rendono immodificabile l’ informazione. Una volta che la transazione sarà stata inserita nel database il registro verrà aggiornato in modo permanente: quello stesso registro è infatti concatenato al precedente (e così via) in una “catena di blocchi”, e tale meccanismo garantisce l’ informazione da qualsivoglia attacco informatico e da ogni tentativo di modifica, che potrebbero avere esito favorevole a chi li perpetra solo se si potesse cambiare tutta la catena.
[14] V. G. Magri, La Blockchain può rendere più sicuro il mercato dell’ arte? in Aedon. Rivista di arti e diritto online, n. 02/2019, consultabile sul sito http://www.aedon.mulino.it/archivio/2019/2/magri.htm .
[15] L’ art. 144 della L. 633/1941 recita che “Gli autori delle opere d’ arte e di manoscritti hanno diritto ad un compenso sul prezzo di ogni vendita successiva alla prima cessione delle opere stesse da parte dell’ autore. Ai fini del primo comma si intende come vendita successiva quella comunque effettuata che comporta l’ intervento, in qualità di venditori, acquirenti o intermediari, di soggetti che operano professionalmente nel mercato dell’ arte, come le case d’ asta, le gallerie d’ arte e, in generale, qualsiasi commerciante di opere d’ arte. Il diritto di cui al comma 1 non si applica alle vendite quando il venditore abbia acquistato l’ opera direttamente dall’ autore meno di tre anni prima di tali vendite e il prezzo di vendita non sia superiore a 10.000,00 euro. La vendita si presume effettuata oltre i tre anni dall’ acquisto salva prova contraria fornita dal venditore”. Sul diritto di seguito cfr. S. Stabile – E. Del Sasso, Il “diritto di seguito” nel mercato primario dell’ arte contemporanea, in Dir. ind., n. 06/2012, p. 507 ss.
[16] Sulla relazione tra blockchain e fenomeno del double spending si rinvia a C. Sandei, op.cit., che afferma che “questo risultato presupporrebbe tuttavia soprattutto un revirement normativo che portasse ad assegnare chiaramente alla registrazione degli atti traslativi del diritto d’ autore una funzione per così dire costitutiva. Solo così, infatti, chi acquistasse da un soggetto iscritto nella IP-(block)chain potrebbe avere la certezza (giuridica) – oggi mancante – di aver effettivamente conseguito il diritto […] l’ ordinamento non potrebbe impedire agli autori di “spendere” (nel senso di cedere) il proprio diritto al di fuori della chain (off-chain): perche´ questo vorrebbe dire subordinare il riconoscimento del diritto al compimento della formalita` informatica”. V. anche N. La Diega, Can Permissionless Blockchains be Regulated and Resolve some of the Problems of Copyright Law?, 2018, p.15, all’ indirizzo web https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=3296888 ; l’ autore pone l’ attenzione sulle varie modalità secondo cui differenti ordinamenti conferiscono valore alla registrazione del diritto d’ autore. Si rinvia ancora a M. Cenini, Gli acquisti a non domino, Milano, 2009, e L. Mengoni, Gli acquisti «a non domino», Milano, 1994, p. 1 ss.
[17] V. A.M. Gambino – V. Falce (a cura di), Scenari e prospettive del diritto d’ autore, Roma, 2009; A.M. Gambino, Privacy, big data e diritto d’ autore in Nuovo dir. civ., n. 02/2019, p. 255- 263 per una disamina articolata e completa sul diritto d’ autore.
[18] V. G. Mazziotti, What Is the Future of Creators’ Rights in an Increasingly Platform- Dominated Economy? , in Int. Rev. Intell. Prop. & Compet. L., 2020, p. 1029; C. Sandei, op. cit.
[19] Risoluzione del Parlamento europeo del 3 ottobre 2018 sulle Tecnologie di registro distribuito e blockchain: creare fiducia attraverso la disintermediazione.
[20] Il legislatore definisce le DLT come “le tecnologie e i protocolli informatici che usano un registro condiviso, distribuito, replicabile, accessibile simultaneamente, architetturalmente decentralizzato su basi crittografiche, tali da consentire la registrazione, la convalida, l’ aggiornamento e l’ archiviazione di dati sia in chiaro che ulteriormente protetti da crittografia, verificabili da ciascun partecipante, non alterabili e non modificabili”.
[21] E. Damiani, Blockchain Application in General Private Law: the Notarchain Case in A. Caligiuri (a cura di), Legal Technology Transformation. A Practical Assessment, Napoli, 2021, p. 229.; U. Bechini, Il notaio digitale. Dalla firma alla blockchain, Milano, 2019, p. 153.
[22] M. Giaccaglia, Considerazioni su Blockchain e smart contracts (oltre le criptovalute), in Contr. Impr., vol. 35- n. 03/2019, p. 966 e 967.
[23] Secondo Stefano Vablais, Founder di ArtID, “l’ archivio digitale permette di avere a disposizione la documentazione e le immagini delle opere dotate di certificato digitale, creato direttamente dall’ artista sfruttando la tecnologia blockchain che permette di archiviare le informazioni in modo tale da non poter essere più modificate, ma allo stesso tempo condivise e aggiornate. Inoltre, grazie al certificato digitale, l’ artista viene tutelato rispetto alla possibilità che circolino falsi”.
[24] G. Magri, op.cit.
[25] In dottrina ha autorevolmente sostenuto che si sta diffondendo il fenomeno della circolazione della “ricchezza assente” P. Spada, La circolazione della «ricchezza assente» alla fine del millennio, in Banca, borsa, tit. cred., p. 407. Cfr. anche M. Cossu -P. Spada, Dalla ricchezza assente alla ricchezza inesistente. Divagazioni del giurista sul mercato finanziario, ivi, 2010, p. 401- 417; N. De Luca, Documentazione crittografica e circolazione della ricchezza assente, in Riv. Dir. Civ., 2020, p.101-130. Notava già D. Messinetti, Beni immateriali, in Enc. Giur. Treccani, V, Roma, 1988, p. 1, che sul percato si affacciano nuove forme di ricchezza “non omogenee a quelle tradizionali”. Fondamentale è la lettura del saggio di C. A. Reich, The New Property, in The Yale Law Journal, vol. 73, n. 5, 1964, p. 733 ss. nonché i contributi di S. Rodotà, Il terribile diritto. Studi sulla proprietà privata e i beni comuni, Bologna, 2013, p. 31 ss. e di U. Mattei, Proprietà (nuove forme di), in Enc. dir. Annali, V, Milano, 2013; A. Zoppini, Le «nuove proprietà» nella trasmissione ereditaria della ricchezza, in Riv. dir. civ., 2000, p. 186 ss..
[26] In Italia la legge n. 12/2019 di conversione del d.l.n.135/2018, all’ art. 8-ter, secondo comma, enuncia la definizione di smart contract: “Si definisce smart contract un programma per elaboratore che opera su tecnologie basate su registri distribuiti e la cui esecuzione vincola automaticamente due o più parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse. Gli smart contract soddisfano il requisito della forma scritta previa identificazione informatica delle parti interessate, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’ Agenzia per l’ Italia digitale con linee guida da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”. Sul rapporto tra smart contract e blockchain si veda G. Finocchiaro, C. Bomprezzi, A legal analysis of the use of blockchain technology for the formation of smart legal contracts, in mediaLaws – Riv. dir. media, fasc. 02/2020, p. 111-135.
[27] Trattasi di fondi particolarmente redditizi, soprattutto nel caso dell’ arte moderna; sul tema cfr. P. Farina, Investire nell’ arte: gli “art investment funds” in https://farinarte.wordpress.com/2018/05/28/investire-nellarte-gli-art-investment-funds/ ; M.A. Marchesoni, Investire in arte, un fondo per i tangible asset, in Il sole 24 ore del 3 febbraio 2017; S. Segnalini, Art fund. Lo stato dell’ arte, in Artribune del 16 novembre 2016 https://www.artribune.com/professioni-e-professionisti/diritto/2016/11/diritto-art-fund-mercato-finanza/.
[28] L’ art. 1, par. 2 dell’ accordo TRIPS (Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio) concluso a Marrakesh il 15 aprile 1994 pare orientato, appunto in tal senso, come ben nota A. Gambaro, Ontologia dei beni e jus excludendum, cit., p. 1.
[29] Sulla rilevanza del diritto di esclusione al fine di individuare i caratteri tradizionalmente attribuiti al diritto di proprietà nella concezione classica, vedasi A. Quarta, Non-proprietà. Teoria e prassi dell’ accesso ai beni, Napoli, 2016, p. 215 ss.
[30] F. Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, 9 ed., rist. Napoli, 2002, p. 80.
[31] A. Gambaro, op. cit., p. 2.
[32] P. Carrière, op. loc. cit., nt. 5. F. Annunziata, Verso una disciplina europea delle cripto-attività. Riflessioni a margine della recente proposta della Commissione UE, in https://www.dirittobancario.it/approfondimenti/fintech/verso-una-disciplina-europea-delle-cripto-attivita-riflessioni-margine-recente-proposta-commissione, rileva che l’ approccio della MiFID è nel senso di catturare all’ interno del suo ambito di applicazione anche i derivati su merci che presentino talune caratteristiche di “finanziarietà”.
[33] In dottrina è piuttosto consistente l’ indirizzo dottrinale che ritiene che l’ art. 810 c.c. abbia una portata meramente enunciativa risultando privo di rilevanza precettiva. Si vedano: S. Pugliatti, Cose, in Enc. Dir., XI, Mialno, 1962, p. 80; U. Natoli, op. cit., p. 77; O.T. Scozzafava, op. cit., p. 92 ss.; I. Garaci, op. cit., p. 436 – 437.
[34] Fare riferimento al concetto di “proprietà” implica la risoluzione di una pluralità di problemi. Primo fra tutti l’ individuazione del significato di tale termine stante la possibilità di immaginare una pluralità di diritti, tutti ascrivibili al concetto di proprietà, ma declinabili secondo diversi statuti normativi. Il riferimento agli studi di S. Pugliatti, La proprietà e le proprietà con riguardo particolare alla proprietà terriera, in Atti del III Congresso nazionale di diritto agrario, Milano, 1950, p. 46 e ss.; Id., La proprietà nel nuovo diritto, Milano, 1954, è più che evidente. Ulteriori spunti sono rinvenibili in U. Natoli, op. cit. e più di recente S. Rodotà, Il terribile diritto. Studi sulla proprietà privata e i beni comuni, Bologna, III ed., 2013, p. 438 ss.; L. Nivarra, L’ introduzione alla problematica della proprità nel quadro delle riletture costituzionali del diritto di proprietà, in Jus civ., 2021, p. 550 ss. Sul concetto di bene si vedano inoltre: C. Sganga, Dei beni in generale, in Comm. cod. civ. Schlesinger – Busnelli, Milano 2015; F. Piraino, Sulla nozione di bene giuridico in diritto privato, in Riv. crit. dir. priv., 2012, p. 460 ss. con la proposta di ritenere l’ art. 810 c.c. espressione di un principio di ordine pubblico.
[35] P. Carrière, op. cit., p. 3.
[36] La dottrina li riconduce persino nell’ ambito dei derivati. Vedasi F. Annunziata (diretto da), Il testo unico della finanza. Un bilancio dopo 15 anni, Milano, 2015, p. 7.
[37] Cass., 12 Marzo 2018, n. 5911 ha ritenuto che ha natura finanziaria l’ operazione promossa dai promotori finanziari relativa alla compravendita di opere d’ arte, in http://mobile.ilcaso.it/sentenze/ultime/19413#gsc.tab=0.
[38] Sulla possibilità di possesso e di usucapione delle opere d’ arte si veda il recente contributo di A. Montanari,Possesso «non clandestino» e possesso «occulto» nell’ usucapione di opera d’ arte: qualche riflessione di arte e diritto a margine di un recente orientamento della Corte di Cassazione, in Jus civ., 2021, p. 1860 ss.
[39] Contrariamente G. Magri, op.cit., che afferma: “Sul punto pare legittimo esprimere qualche dubbio: chi possiede soltanto una piccola porzione dell’ opera, si trova in una posizione decisamente diversa da chi ne possiede il 51% e può decidere se tenerla appesa nel salotto di casa, piuttosto che nello studio o nel caveau di una banca. Si tratta quindi di una democratizzazione dell’ arte che è, con tutta evidenza, soltanto virtuale.”
[40] L. Bovone, E. Mora, Saperi e mestieri dell’ industria culturale, Milano, 2008, p. 57-58.
[41] A.L. Tarasco, Diritto e gestione del patrimonio culturale, Bari- Roma, 2019. Anche la direzione generale Musei del Mibact ha valutato il ricorso alla blockchain: nella circolare n. 52/2019 si enuncia una possibile applicazione della blockchain come mezzo per controllare i proventi dei musei italiani al fine di valutarne la redditività e la possibilità di autofinanziamento.
[42] Si è levata anche la proposta di emettere degli NFT per i beni storici del nostro patrimonio artistico come il colosseo: https://www.italian.tech/blog/lettere/2021/07/26/news/vendiamo_il_colosseo_come_nft_-311764838/
[43] M. Giaccaglia, op. cit., p. 1585. A.L. Tarasco, Per rilanciare i musei italiani dopo la pandemia servono i Bot culturali, in MilanoFinanza, 4 giugno 2020, si riferisce ad alcune proposte per il rilancio del patrimonio artistico italiano tramite blockchain. Questa risulta vantaggiosa anche in ambito tributario, e a tal proposito v. M. Giaccaglia, op. loc. cit., e C. Ghirri, Blockchain come arma contro l’ evasione fiscale, in ItaliaOggi, n.74/2019, p.34, secondo cui la blockchain, per via delle sue caratteristiche di immutabilità e trasparenza, potrebbe costituire “un […] mezzo nel passaggio di ripensamento dei meccanismi di tassazione […] creando un sistema in cui sia i contribuenti che le autorità fiscali hanno pari fiducia nella veridicità e nella completezza dei dati raccolti”.
[44] Per un’ ampia valutazione dei rischi connessi alla circolazione di valute virtuali o di strumenti rappresentativi di ricchezza, cfr. A.M. Gambino, C. Bomprezzi, Blockchain e criptovalute, in Fintech: diritti, concorrenza, regole. Le operazioni di finanziamento tecnologico, Bologna, 2019, p. 277-281.
[45] Per un’ esaustiva panoramica delle proposte di regolamentazione sviluppate dagli Stati Membri dell’ UE cfr. A. M. Gambino, C. Bomprezzi, op.cit, p.287-290.
[46] M. Zeilinger, Digital Art as ‘ Monetised Graphics’ : Enforcing Intellectual Property on the Blockchain, in Philosophy & Technology, vol. 31 – n.01/2018, p. 15 ss.
[47] Vale a dire di quelle opere che non esistono fisicamente ma che sono create e rappresentate direttamente su un supporto elettronico.
[48] Sono immagini pixel 24×24 originate da un algoritmo che rende le opere uniche e tra loro non ripetute, anche se alcune potrebbero risultare simili. Le opere vengono commercializzate grazie alla blockchain Ethereum. La blockchain assicura a ogni acquirente di essere l’ unico titolare dell’ opera acquistata. http://thecryptopunks.com/.
[49] Un “gatto digitale” con il quale l’ utente può interagire nutrendolo e accudendolo. Anche i gatti digitali vengono acquistati tramite bitcoin su una blockchain, che assicura a ogni acquirente di essere l’ unico titolare dell’ animale e di poterne disporre. Sul tema v. L. Lotti, Contemporary art, capitalization and the blockchain: On the autonomy and automation of art’ s value, in Finance and Society, vol. 02 – n.02/2016, p. 96- 110, e T. Bazzichelli, Networking Art: The Net as Artwork, Digital Aesthetics Research Center, Aarhus University, 2008.
[50] L’ opera è stata registrata come token su Ethereum e venduta per un milione di criptovalute ad un acquirente rimasto anonimo. Abosh ha creato circa 10 milioni di opere virtuali rappresentate da token ERC20 standard sulla piattaforma Ethereum.
[51] L’ autore è un algoritmo creato da tre francesi parte del collettivo parigino Obvious: Hugo Caselles-Dupré, Pierre Fautrel e Gauthier Vernier, esperti di AI e di finanza. L’ algoritmo ha prodotto effetti in due momenti differenti: nella prima fase, quella del “generatore”, l’ algoritmo ha analizzato decine di migliaia di dipinti per apprendere nozioni e tecniche pittoriche; nella fase successiva, detta del “discriminatore ha creato l’ opera dopo averla accostata ad altre di cui aveva preso conoscenza nel momento precedente, per differenziarla da queste; cfr C. Cevenini, introduzione a G. Franceschelli, I, Artist. Opere d’ arte e intelligenza artificiale. Il curioso caso del diritto d’ autore, Senigallia, 2019, p. 2.
[52] Cfr C. Sandei, op.cit.: “Per chiarezza, va detto che non esiste una nozione condivisa di crypto-art: mentre infatti alcuni preferiscono limitare il concetto alle sole opere blockchain-based, altri tendono a conferire all’ espressione un significato più generico, ricomprendendovi qualsiasi manifestazione creativa (anche analogica) tokenizzata. In tutti i casi, si tratti solo o anche di un movimento artistico, discorrere di crypto-art significa in ultima istanza ragionare di un nuovo modello di mercato organizzato sulla falsariga di quello di bitcoin e, quindi, essenzialmente più aperto, liquido e speculativo dell’ attuale”.
[53] I. Ferlito, op.cit., p.47.
[54] Cfr. F. Antonacchio, Criptoarte e Non Fungible Token alla ricerca di nuove regole in Il fisco, n. 21/2021, p. 2023 ss.
[55] V. F. Antonacchio, op.cit.
[56] P. De Filippi, Blockchain-based Crowdfunding: what impact on artistic production and art consumption?, in Observatório Itaú Cultural, n.19/2015; R. matulionyte, Can Copyright be tokenized?, in Eur. Intell. Prop. Rev., n. 02/2020, p. 101 ss.
[57] Cfr. C. Sandei, op.cit.; OECD, Regulatory Approaches to the Tokenisation of Assets, in OECD Blockchain Policy Series, 2021, p. 11, in www.oecd.org/finance/Regulatory-Approaches-to-the-Tokenisation-of-Assets.htm .
[58] C. Sandei, Initial coin offering e appello al pubblico risparmio, in Cian e Sandei (a cura di), Diritto del Fintech, Padova, 2020, p. 285 ss.; Sulla natura finanziaria dei token v. P. Carrière, La “cripto- arte” e i non-fungible tokens (NFTs): tentativi di inquadramento giuridico, in Diritto Bancario, 2021, consultabile sul sito http://www.dirittobancario.it/approfondimenti/fintech/la-cripto-arte-e-i-non-fungible-tokens-nfts-tentativi-di-inquadramento-giuridico ; P. Carrière, L’ ”opera d’ arte” nell’ ordinamento finanziario italiano, in Banca impresa soc., vol. 37- fasc. 03/2018, p. 513- 551; P. Carrière, Le “criptovalute” sotto la luce delle nostrane categorie giuridiche di “strumenti finanziari”, “valori mobiliari” e “prodotti finanziari”; tra tradizione e innovazione, in Riv. dir. Banc., n. 01/2019, p. 117-168; P. Carrière, Possibili approcci regolatori al fenomeno dei crypto-asset; note a margine del documento di consultazione della Consob, in Diritto Bancario, 2019 fruibile sul sito http://www.dirittobancario.it/approfondimenti/fintech/possibili-approcci-regolatori-al-fenomeno-dei-crypto-asset-note-margine-del-documento-di-consultazione ; P. Carrière, Crypto-assets: le proposte di regolamentazione della Commissione UE. Opportunità e sfide per il mercato italiano, Diritto bancario, 2020, disponibile sul sito https://www.dirittobancario.it/approfondimenti/fintech/crypto-assets-le-proposte-di-regolamentazione-della-commissione-ue-opportunita-e-sfide-il-mercato-italia ; F. Annunziata, (diretto da), Il testo unico della finanza. Un bilancio dopo 15 anni, Milano, 2015; F. Annunziata, Speak, If You Can: What Are You? An Alternative Approach to the Qualification of Tokens and Initial Coin Offerings, in European company and financial law review, vol. 17 – n. 02/2020, p 129 ss.
[59] G. Franceschelli, op.cit, p.42.
[60] G. Franceschelli, op.loc.cit.
[61] G. Franceschelli, op.cit., p. 43.
[62] Cfr. https://news.microsoft.com/europe/features/next-rembrandt/
[63] Nonostante l’ individuazione dell’ opera nativa digitale sia particolarmente complessa, essa rimane a parere di tutti i giuristi un atto necessario: se l’ opera fosse prima di autore e rimanesse dunque di pubblico dominio, si rischierebbe di scoraggiare investitori e finanziatori, per cui è pur sempre necessario identificare un soggetto designato a raccogliere i proventi: v. G. Franceschelli, op.cit., p.45.
[64] G. Franceschelli, op.cit., p. 67.
[65] Diversamente si andrebbe a creare un contrasto con i principi del diritto d’ autore: v. H. M. Bøhler, Eu copyright protection of works created by artificial intelligence systems, The University of Bergen, 2017, p.30.
[66] G. Franceschelli, op.cit., p.68.
[67] G. Franceschelli, op.cit., p. 69.
[68] C. Cevenini, op.cit. p. 1.
[69] C. Cevenini, op.loc.cit.