Enrico Damiani
Prof. ord. di diritto civile dell’Università degli Studi di Macerata
Cassazione civile, sez. II, 14 Gennaio 2022, n. 996; Pres. Manna. Est. Besso Marcheis.
Vendita di quadro non autentico (aliud pro alio) – Diritto alla risoluzione del contratto e al risarcimento del danno – Decorrenza della prescrizione decennale – Dalla consegna del quadro – Rilevanza della non conoscenza in capo al compratore della non autenticità del quadro – Esclusione – Fondamento
In caso di vendita di quadro non autentico, qualificabile come vendita di “aliud pro alio”, il diritto di richiedere la risoluzione e il conseguente risarcimento del danno è assoggettato alla prescrizione ordinaria decennale, il cui termine inizia a decorrere dalla consegna del quadro, che segna il momento in cui si verifica l’inadempimento, senza che rilevi la circostanza che l’acquirente non fosse a conoscenza della non autenticità, in quanto ai fini della sospensione del termine di prescrizione rileva l’impossibilità che derivi da cause giuridiche, non anche impedimenti soggettivi o ostacoli di mero fatto, tra i quali devono annoverarsi l’ignoranza del fatto generatore del diritto, il dubbio soggettivo sull’esistenza di esso e il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento.
L’ordinanza n. 996 del 14 gennaio 2022 della II sezione della Corte di Cassazione si pone in continuità con la precedente sentenza n. 19509 del 9 novembre 2012[1], che ha deciso una vecchia questione relativa alla vendita di un quadro attribuito a un autore e successivamente risultato falso.
La Cassazione ha confermato l’avvenuta prescrizione del diritto dell’acquirente del quadro, garantito autentico e poi dimostratosi falso in quanto «il diritto di richiedere la risoluzione e il conseguente diritto al risarcimento dei danni sono soggetti alla prescrizione ordinaria di cui all’articolo 2946 c.c. e il termine di prescrizione incomincia a decorrere dal momento in cui si è verificato l’inadempimento, momento che coincide con la consegna del quadro». Secondo la S.C. «condizione necessaria e sufficiente perché la prescrizione decorra è che il titolare del diritto, pur potendo esercitarlo, si astenga dal farlo, rilevando solo la possibilità legale e non influendo per contro, salve le eccezioni stabilite dalla legge, l’impossibilità di fatto in cui il detto titolare venga a trovarsi, con la conseguenza che ove il termine di prescrizione decorra senza che il compratore (il titolare del diritto) si attivi (sebbene sia in buona fede o ignori i propri diritti), questi non potrà agire nei confronti del “venditore scorretto”».
«L’impossibilità di far valere il diritto è solo quella che deriva da cause giuridiche che ostacolano l’esercizio del diritto e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali l’articolo 2941 c.c., prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione, tra le quali non rientra l’ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, né il dubbio soggettivo sull’esistenza di tale diritto e il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento».
Pare interessante notare che la Cassazione ha confermato l’orientamento interpretativo secondo cui all’acquirente di un quadro garantito come autentico spetta il diritto di ottenere la risoluzione del contratto per vendita di un bene diverso da quello pattuito (cosiddetta vendita di aliud pro alio)[2], a causa dell’inadempimento del venditore dell’obbligazione assunta trasferire al compratore la proprietà di un’opera d’arte autentica. Il compratore ha quindi diritto, oltre alla restituzione del prezzo, al risarcimento del danno, che consiste nella perdita di chance di realizzo di una cospicua plusvalenza che l’opera avrebbe conseguito nel tempo se fosse stata autentica. Tale azione è soggetta al termine di prescrizione decennale che, secondo la Cassazione, decorre dalla consegna del dipinto e non dal momento in cui l’acquirente abbia avuto, o avrebbe dovuto avere usando l’ordinaria diligenza, conoscenza del falso.
Per tale ragione potrebbe essere importante che l’acquirente, prima che siano passati dieci anni dall’acquisto, si attivi facendo verifiche, per esempio, sull’autenticità dell’opera, sul periodo storico, sulla figura del venditore e sulla documentazione consegnatagli. Più di recente la S.C.29 ha stabilito che agli effetti dell’art. 2935 c.c. il termine di prescrizione del diritto dell’acquirente di richiedere la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno derivante dall’acquisto di una opera d’arte rivelatasi successivamente falsa, decorre dal momento in cui ha luogo l’inadempimento concretandosi la manifestazione oggettiva del danno, prescindendo, dunque, dalla effettiva conoscenza soggettiva della inattuazione della prestazione dovuta, che potrebbe in ultima analisi essere imputabile in capo allo stesso acquirente dell’oggetto. Il riferimento che la Cassazione fa al momento in cui si è verificato l’inadempimento con coeva produzione del danno, secondo una valutazione oggettiva, piuttosto che al momento in cui l’acquirente ha avuto contezza di tale circostanza relativa alla mancata attuazione della prestazione dovuta, in base ad una valutazione soggettiva, ha destato forti critiche in dottrina 30 . Sembra pertanto condivisibile l’opinione31 che ritiene, con una interpretazione “adeguatrice” dell’art. 2935 c.c. che tenga conto anche di elementi di tipo fattuale, che il dies a quo per il decorso del termine di prescrizione venga individuato nel momento in cui risulti possibile all’acquirente la conoscibilità della non autenticità dell’opera.
Provvedimento
(OMISSIS) conveniva in giudizio (OMISSIS) proponendo domanda di risoluzione del contratto di vendita concluso nel novembre del 2008, avente ad oggetto un quadro rivelatosi non autentico, trattandosi di vendita di un aliud pro alio ed altresi’ domanda di condanna del venditore alla restituzione del prezzo (Euro 75.000).
Il convenuto (OMISSIS) si costituiva e deduceva che il dipinto era stato a lui ceduto dalla società (OMISSIS) s.r.l.” che a sua volta lo aveva acquistato nel 1989 da (OMISSIS), fratello dell’attore e socio insieme a lui della Galleria (OMISSIS), e che il venditore aveva garantito l’autenticità del quadro; chiedeva di chiamare in causa la società (OMISSIS) perchè lo manlevasse in caso di condanna.
Si costituiva la società (OMISSIS), chiedendo a sua volta di chiamare in causa (OMISSIS), per essere da quest’ultimo manlevata.
Si costituiva (OMISSIS), anzitutto deducendo la prescrizione dell’azione proposta nei suoi confronti, in quanto il dipinto era stato venduto nel 1989. Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 5382/2915, ha accolto la domanda di (OMISSIS) e la domanda di manleva del convenuto (OMISSIS) nei confronti della società (OMISSIS) s.r.l., mentre ha rigettato la domanda proposta dalla (OMISSIS) s.r.l. nei confronti di (OMISSIS), essendo l’azione prescritta.
2. La sentenza veniva impugnata da (OMISSIS) in via principale e dalla società (OMISSIS) s.r.l. in via incidentale.
La Corte d’appello di Milano, con sentenza 31 maggio 2016, n. 2167, ha dichiarato totalmente infondato l’appello di (OMISSIS); ha invece ritenuto fondato l’appello incidentale della (OMISSIS) s.r.l., laddove la sentenza impugnata aveva rigettato la domanda di manleva nei confronti di (OMISSIS), in quanto il dies a quo della prescrizione andava individuato non nel momento del perfezionamento della compravendita, ma nel momento in cui il consulente tecnico d’ufficio aveva depositato la propria relazione nel 2011 o quanto meno nel momento in cui l’attore aveva denunciato per truffa (OMISSIS).
La Corte d’appello ha cosi’ condannato (OMISSIS) a tenere
indenne la società (OMISSIS) nei limiti del corrispettivo della prima vendita, pari a Lire 33.500.000.
3. Avverso la sentenza della Corte d’appello ricorre per cassazione (OMISSIS), che ha depositato memoria. Resiste con controricorso la (OMISSIS) s.r.l.. Gli intimati (OMISSIS) e (OMISSIS) non hanno proposto difese.
Considerato che:
I. Il ricorso è articolato in un motivo, che denuncia “violazione degli articoli 2935 e 2946 c.c.”: il termine di prescrizione decennale del diritto alla risoluzione del contratto e quello conseguente al risarcimento del danno decorrono dal momento dell’inadempimento, che nel caso di specie coincide con il momento della consegna del quadro, pacificamente avvenuta il (OMISSIS), senza che possa essere attribuito alcun rilievo al fatto che l’acquirente si sia accorto della non autenticità dell’opera solo dopo circa vent’anni; condizione necessaria e sufficiente della decorrenza della prescrizione è infatti che il titolare del diritto si astenga dall’esercitarla pur avendone giuridicamente la possibilità; pertanto la sentenza impugnata deve essere annullata nella parte in cui ha ritenuto che la prescrizione delle azioni spettanti alla (OMISSIS) s.r.l. decorresse dall’accertamento della non autenticità dell’opera invece che dalla consegna della medesima.
Il motivo è fondato. Come ha affermato questa Corte, il diritto di richiedere la risoluzione e il conseguente diritto al risarcimento dei danni sono soggetti alla prescrizione ordinaria di cui all’articolo 2946 c.c. e il termine di prescrizione incomincia a decorrere dal momento in cui si è verificato l’inadempimento, momento che coincide con la consegna del quadro; condizione necessaria e sufficiente perché la prescrizione decorra è che il titolare del diritto, pur potendo esercitarlo, si astenga dal farlo, rilevando solo la possibilità legale e non influendo per contro, salve le eccezioni stabilite dalla legge, l’impossibilità di fatto in cui il detto titolare venga a trovarsi, con la conseguenza che ove il termine di prescrizione decorra senza che il compratore (il titolare del diritto) si attivi (sebbene sia in buona fede o ignori i propri diritti), questi non potrà agire nei confronti del “venditore scorretto” (così Cass. 19509/2012, nonché più recentemente Cass. 1889/2018). Come ha infatti più volte evidenziato questa Corte, l’impossibilità di far valere il diritto è solo quella che deriva da cause giuridiche che ostacolano l’esercizio del diritto e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali l’articolo 2941 c.c., prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione, tra le quali non rientra l’ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, nè il dubbio soggettivo sull’esistenza di tale diritto e il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento (v. in particolare Cass. 3584/2012).
II. Il ricorso è quindi fondato, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa deve essere rinviata alla Corte d’appello di Milano, che si atterrà ai principi di diritto sopra ricordati; il giudice di rinvio provvederà anche in relazione alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione.
Mi sia consentito il rinvio a E. Damiani, Questioni in tema di diritto della circolazione di opere d’arte: i casi de Chirico, in Riv. di dir. delle arti e dello spettacolo, 2020, p.102 ss. La sentenza della Cass. Civ., n. 19509 del 9 novembre 2012, è pubblicata anche in Corr. Giur., 2013, p. 463, con nota di E Gabrielli. ↑
Sulla vendita di aliud pro alio si vedano: E. Gabrielli, La consegna di cosa diversa, Napoli, 1987, p. 40 e ss.; R. Calvo, Vendita e responsabilità per i vizi materiali, I, Dai fondamenti storico-comparativi alla disciplina codicistica sulle garanzie, Napoli, 2007, p. 383 ss.; G. Frezza, Arte e diritto fra autenticazione e accertamento, Napoli, 2019, p. 143 ss. ↑