Lorenzo Giustozzi
Notaio e Dottore di ricerca in diritto civile, Università di Camerino
La vicinanza tra cinema e diritto risulta già evidente considerando l’importante produzione di pellicole dedicate a storie ambientate in aule di giustizia. Il Legal drama, d’altronde, è un genere cinematografico che da sempre riscuote grande successo e diversi sono stati i registi che nel corso della storia cinematografica hanno portato il diritto al cinema. Si pensi a film quali Philadelphia, Codice d’onore o L’avvocato del diavolo. La scelta di Francesco Gambino[1], però, risulta diversa e l’interesse dell’autore si concentra su pellicole o testi letterari che non hanno al centro eventi giudiziari. I saggi presentati nel libro interrogano gli intrecci tra il diritto e il cinema, il teatro e la letteratura e “si raccolgono intorno all’idea del carattere di formatività dell’intera esperienza e operosità umana”. Nel diritto “la forma è data in primo luogo dall’enunciato linguistico contenuto nella norma”, nel cinema la forma è rappresentativa e si risolve nella sequenza degli elementi visivi e sonori.
Questo rapporto tra cinema e diritto risulta evidente nel primo saggio del libro il cui protagonista è il prussiano Wilhelm Voigt, ex detenuto e calzolaio, che, all’inizio del 1900, dopo aver acquistato un’uniforme da capitano dell’esercito, riesce nell’intento di mettersi a capo di un gruppo di soldati, impartire ordini e derubare le casse comunali di Köpenick. La vicenda di Wilhelm, al centro del film del 1956 Der Hauptmann von Köpenick, richiama evidentemente concetti giuridici quali quello di apparenza, malafede, reato e invalidità.
È lungo questa strada che l’Autore, nel rilevare corrispondenze e intrecci tra diritto e cinema, ritrova la nozione odierna di post-verità nell’opera di Henrik Ibsen “un nemico del popolo”, rappresentata nel film indiano “Nemico pubblico” del 1989. L’opera, scritta nel 1882, è un manifesto adattibile alle moderne democrazie, sempre più dominate dall’azione inquinante delle parole, dalla diffusione di false informazioni che condizionano il giudizio del popolo.
Il terzo saggio analizza il rapporto tra creditore e debitore nelle pagine dell’opera di Balzac “Commedia umana”. All’epoca di Balzac I debitori rispondevano dell’inadempimento di un’ obbligazione non con il patrimonio ma con l’arresto. Il diritto del creditore si sostanziava nella possibilità di provocare la reclusione del debitore inadempiente. Il dirompente potere sanzionatorio del creditore finiva, secondo Balzac, per nascondere forme di crudeltà e abuso della fiducia. Lungo questa via, l’opera di Balzac finisce per diventare una pagina di sociologia del diritto. L’Autore del libro evidenzia, così, il rilievo pubblico che le narrazioni di Balzac hanno avuto e la loro possibile influenza su istituti giuridici quali quello di abuso del diritto, buona fede e ingiustiziadel contratto.
L’Autore, in questo suo ricercare nessi e raccordi tra diritto e letteratura, rintraccia il pensiero di Santi Romano nelle pagine del libro Il giorno della civetta di Leonardo Sciascia da cui è tratto l’omonimo film del 1968 diretto da Damiani Damiano. Il nucleo della pluralità degli ordinamenti giuridici indagato da Santi Romano viene colto da Sciascia nel momento in cui scrive che la mafia è un sistema che non si sviluppa nel vuoto dello Stato ma dentro lo Stato. La presenza dentro lo Stato di tali sistemi illegali solleva il problema del riconoscimento, dei conflitti tra istituzioni, organizzazioni, corpi sociali.
L’analisi del rapporto tra Stato e sistemi illegali e la teoria della pluralità degli ordinamenti giuridici vengono approfondite nel libro attraverso l’esame del film del 2017 Escobar – Il fascino del male e la serie televisiva Narcos. Anche qui, come nell’opera di Sciascia, organizzazioni illegali esercitano una potente forza condizionante sui comportamenti individuali e collettivi, entrando in competizione con lo Stato. L’esistenza di tali organizzazioni solleva la questione della relazione tra diversi ordinamenti e il problema del se e come tale relazione debba essere gestita dallo Stato.
L’ultimo saggio è dedicato allo studio degli usi collettivi attraverso ciò che viene narrato da Clint Eastwood nel film Gran Torino. Qui la comunità Hmong si caratterizza per la reiterazione di certi comportamenti in date situazioni tipiche non assimilabile né alle consuetudini individuali né alle norme giuridiche.
La ricerca interdisciplinare svolta dall’Autore, attraverso i vari saggi, risulta incredibilimente profonda e attuale. Il libro riesce a far percepire con quale potenza il cinema è in grado di esprimere una forma rappresentativa di diritto e quanto può contribuire alla formazione di concetti giuridici. Le raffinate considerazioni di Francesco Gambino dimostrano come possa essere utile per il giurista interessarsi ad altre forme dell’esperienza umana diverse da un testo giuridico.
[1] Francesco Gambino, In sala con il diritto, La Nave di Teseo, 2023.